2323
A Gualdo Tadino non succede poi molto.
Forse, nemmeno nelle prossimità della stazione di Fossato di Vico-Gubbio.
La prossima fermata non so quale sia, il capotreno però non è mai stato a Jesi. Nemmeno io, quindi lo capisco quando la signora dall’altro lato della fila, gli chiede che paese sia quello dietro la stazione in cui stiamo entrando che, come ogni stazione, ha i cartelli blu con il nome bianco. Belli grossi. Recitano: JESI. È Jesi ed evidentemente nessuno di noi ci è mai stato. La signora riprende a tagliarsi le unghie con un tagliaunghie che va oltre la musica che sto ascoltando. Non ascolto mai musica sui mezzi di trasporto perché ho paura di alienarmi e perdermi qualcosa, tra cui il momento in cui dovrò scendere. In questo caso non sarebbe molto difficile evitare il disastro: il treno termina alla fine dei binari di Roma Termini. Da lì, poi, l’ignoto smetterà di precedermi.
L’Italia in seconda classe è un libro di Paolo Rumiz in cui, come è facile intuire, l’autore si fa alcuni giri sui treni regionali del paese. Un viaggiare lento, tortuoso, scomodo, dissennato e necessario. La tratta di automobile da Falconara Marittima a Monteverde-Bravetta ha la stessa durata di questo insensato percorso tra le colline, le montagne, altre colline e altre montagne. Una linea infausta che abbandona rapidamente il mare per tuffarsi verso il centro del paese, dove mi pare di capire non succeda poi molto.
Sono stato rapito da un gruppo di ragazze con valigie ingombranti. Erano allegre e determinate, con la parlata marchigiana che renderebbe aspro anche il viso più dolce. Avevano anche un grande cerchio fucsia, come fosse un gonfiabile o una custodia di un anello smisurato. Ho pensato potessero essere una squadra di ginnastica artistica ma ho pensato non fossero sufficientemente esili. Ho pensato fossero un addio al nubilato ma non mi sembravano sufficientemente adulte. Hanno fatto un po’ di casino per tirare su queste valigie mentre cercavo di intervenire per aiutarle, ma il sistema chiuso di un gruppo rodato ha permesso loro di mettere in ordine i trolley più rapidamente di quel che credevo. E così poco dopo li hanno ripresi giù, hanno cambiato vagone: faceva molto freddo per colpa dell’aria condizionata.
Non so dove sto andando a parare, non so che strada sto facendo. Ho quattro giorni a casa su venti. Quattro giorni non consecutivi, al contrario delle fermate del Regionale 2323 che adesso ferma a Foligno. Se mettessi assieme tutte le ore di treno che vissuto da gennaio ad oggi forse… Mi pento, faccio una preghierina, non credo in Dio eppure da qualche parte devo attaccarmi quando non so dove vado né quale sia la prossima fermata. Il calendario dice che oggi è il compleanno di Lodo, domani è il compleanno di Arianna e sia oggi che domani ho un treno.
Per non andare in nessuna delle direzioni.