3x2
3x2, ma non siamo al supermercato.
Saletta tre metri per due, in mezzo la barella, sopra un telo bianco e sotto un cadavere, che intuisco essere scheletrico. Come funzioni, memoria? È una sala così angusta che devo posizionare le valigette dietro la porta chiusa e scavalcarle, per poter passare da un lato all’altro della barella. A volte mi rendi felicemente ignorante, mi permetti di gioire come un’idiota, rimuovendo stralci a tua discrezione. Alzo il telo, occhi sbarrati, arrovesciati e bocca spalancata, i novantenni sono sempre estremamente sorpresi dall’arrivo della morte, come se, dopo così tanto tempo, pensassero di essere immortali; mi illudo che si credano Highlanders. Li immagino supereroi dell’ospizio, mentre annodano insieme i lacci delle scarpe all’infermiere notturno, si rubano il cioccolato, accusandosi a vicenda, e scambiano le dentiere dei compagni di stanza. La realtà è molto meno edulcorata, la morte li sorprende perché spesso non sanno più chi sono e morire nel sonno è un lusso che viene concesso a pochi. Molti si svegliano e trovano in quei pochi istanti il modo per meravigliarsi ancora, per spaventarsi, vomitare e, infatti, ecco qua, del semolino della sera prima.
Nene, facciamoci belli, fidati di me.
Delle volte, invece, mi ricordi ossessivamente l’accumulo di energia sprecata che sono, mi ricordi che sono una serie infinita di errori di sistema. Impossibile chiudere il file. Impossibile salvare il file. Impossibile aprire il file. Il separatore solleva la palpebra per lasciarmi disinfettare i bulbi oculari. È estremamente prezioso saper usare degli utensili e fargli coniugare azioni che altrimenti dovrebbero svolgere le dita, le mani, azioni che entrerebbero, a forza, nella testa. Risoluzioni messe in atto per i vivi, volte a migliorare l’orrore nello sguardo, partendo da una situazione irreparabile come la morte. L’aspiratore è utile perché pulisce, aspira il grosso, non devi svuotare tu manualmente. È una bella differenza. È una bella differenza aspirare materia cerebrale e sangue, rispetto a infilare le mani dentro un cranio aperto e tirare fuori pezzi di anguria maciullata, viscide anguille che scivolano tra le dita. Gli attrezzi servono anche a tenere distante la memoria di sé. Come se fossi un file che non può compiere alcuna azione, se non ripetere l’errore all’infinito. La memoria ha una narrazione tutta sua, ricostruisce la versione che sono in grado di raccontarmi in quel momento, salvo poi sbattermi in faccia qualche fotogramma sparso, mentre sogno. Mentre sono assente. Mentre sei assente. Mi volto e non ci sei, eppure mi sembravi fossi qui un attimo fa. Forse era un fantasma, un trucco dozzinale per tenere insieme i cocci: azioni, utensili, parole e qualche emozione; ma tu vai via, e allora corri e salvati, corri e salvati, non restare.
Il separatore poi è perfetto per poter adagiare i copri occhi. Gli occhi spenti di questo vecchio un tempo erano occhi di bambino, la sua mamma lo avrà cullato e guardato e sognato e avrà temuto per lui, come tutte le madri del mondo. Penso agli occhi di mio figlio, alla vivacità dello sguardo, a come mi incita a raccontargli storie e a come si illumina nel raccontarmi le sue avventure mirabolanti: pirati alti un metro su imbarcazioni fatte di sedie, sogni terribili di lumache morte esplose di sangue e racchiuse in un cavolino di Bruxelles viola. Penso agli occhi di mio figlio, a come vorrei che lui fosse realmente immortale. Solo lui, nessun altro, davvero solo lui. Le eccezioni non esistono. Ma tu ora dove sei? Dove? Sono interferenze, echi passati e futuri, che corrono nei corridoi vuoti, nelle stanze disabitate, rimbalzano tra occhi e cuore, ma si fermano immobili e silenziosi sul lenzuolo bianco e le dita intrecciate di questo vecchio. I pezzi guasti, dentro, non si possono sostituire. L’errore di lettura non si può aggiustare; dentro restano i cocci, i resti, gli scarti. Quelle cose che non puoi tenere insieme, dormienti di giorno, giacciono nelle tue notti inermi, nelle tue stanche braccia. Ma non le vedrà nessuno, nessuno verrà a cercarle e nessuno mai dovrà trovarle, vedranno solo il telo bianco ben teso e le dita intrecciate. Resta.