Primordiale incertezza
La grazia del funambolo
Ricerco nelle punte delle mie scarpe
Consumate da passi mai condotti
A meta alcuna che non fosse
Già spenta;
Nelle mie molte tasche bucate
-Vicoli ciechi preannunciati -
Si contorcono le dita
In acrobazie degne di applauso
Battito di palmi che deride
I miei sottili tentativi
Di afferrare una direzione
E piegarla al mio peso,
Alla mia piccola misura.
Appendo al chiodo
La scorciatoia illusoria
Di chi resta fermo
Sperando che alcuno
Attorno a sé si muova.
Alla fine dei conti,
Che sempre m’azzardo
A imporre,
Sbaglio le previsioni
I progetti a lungo termine e
Tutto quel marasma inetto
Di pensieri inconsistenti:
Titani svogliati, consumati
D'umore stantio
E primordiale incertezza
- Grembo matrigna -
Che tanto s’accanisce
Contro le mie caviglie
Sottili.
Immobilità
Il peccato più grande che m’appartiene
E’ disperare di non riuscire
Ad essere grande abbastanza
Per stringere le mani attorno
Ai miei giorni e trattenerli
Quel poco che mai basta
A credere di non dover rimandare
A un domani
-Tanto prossimo quanto remoto -
I tempi maturi.
M’accascio contro i verbi
Al futuro che mai
Hanno soddisfatto la mia impazienza:
Quanto s’affannano le ore
Al capezzale della notte
E ansimano e si versano
In corpi incandescenti
-Danza la fiamma senza posa-
Che l’uno sull’altro
Fremono
Strappati dal pudico
Mattino.
Baccanale impunito,
Si disseta con le mie carni
Strette nel dischiudersi
Di smorfie e labbra livide:
Spezzano pane
Bevono vino
Celebrano la mia immobilità
Puntellata da spessi
Echi di sconfitte
Mai consumate e
Fallimenti opachi.