Dice che vorrebbe avere una vita in più per sperimentare tutte le cose che non ha sperimentato in questa, poi ingolla il fondo della birra e poi mi studia il volto e attende una reazione e infine scansa l’occhiata, amareggiato e paralizzato, e dice scusa, ho detto una cazzata. Lo rinfranco con una mano sulla spalla, gli dico che invece sono d’accordo e che mi piace il verbo sperimentare e il fatto che abbia scelto quello e non -che ne so- provare, vivere, esaminare e quant’altri. Che a conti fatti significherebbe vivere a occhio e croce altri 80 anni, con l’obiettivo di mettere alla prova un gran numero di situazioni, di relazioni e di sentimenti che in questa vita si è ben guardato dal mettere alla prova. Sperimentare ha sapore di esperimento, di scienza chimica, di azione e reazione. Mi affascina l’arcano di questo verbo e la possibilità che possa andare tutto bene, o tutto male. Nient’altro che una roulette russa con una pistola ad acqua.
Dice che preferisce non rischiare in questa vita perché è rallentato dalla paura dell’opinione altrui, che non rischierebbe mai di essere sopraffatto dall’opinione che gli altri hanno nei suoi riguardi: e che quindi è meglio non sbilanciarsi, non essere né troppo buoni, né troppo figli di puttana, significa non essere creativi, non inseguire a rotta di collo i propri talenti e i propri sentimenti, non incalzarli perché il resto di questa città e di questo mondo privilegia un altro pensiero. Penso alle idee migliori eiaculate sull’anticoncezionale dell’opinione altrui: alla mortificazione, alla frustrazione e all’odio e all’invidia nel vedere quel condom flaccido e gonfio di buone idee, le migliori. Gli dico che dovrebbe sperimentare adesso, che se dovesse fare un brutto incidente potrebbe non esserci un’altra vita dopo questa sera e che, comunque, non è mai troppo tardi. Gli dico che il grafico della sperimentazione è ben diverso dal grafico della vita: sull’ascissa il tempo, sull’ordinata le nostre scelte e nel grafico uno scarabocchio che parte dall’origine degli assi e non segue nessuna logica geometrico-analitica. Un gomitolo che va avanti e indietro nel mondo cartesiano, che si annoda e si sbroglia. Non è troppo tardi, gli dico. Provaci, qualsiasi cosa tu voglia fare. Gli dico che stasera farò lo stesso.
E andrò a dire quanto mi manchi non sai,
abbaierò con occhi di arpia,
correrò il rischio di non vederti più.
Mi incamminerò verso casa come un Orfeo
che cerca di sentire i passi di un’Euridice
che se mi volto svanisce.
Non udendo le tue scarpe mi volterò
e vedendoti sfumare
ti sottrarrò all’inferno tirandoti per i capelli.
Farà un po’ male,
ma ne varrà la pena.
Buona.