Blu
Era una gabbia dalla quale era difficile uscire. Non c’erano chiavi, non c’erano serrature, né grate né porte. Il cervello era schiacciato inequivocabilmente tra fantasmi di emozioni consumate senza essere vissute.
La strada percorsa fino a lì si stagliava come una lingua grigia tra il verde dei boschi e l’azzurro del cielo e del mare. Anzi, il blu del mare: un blu quasi surreale, che ricordava vividamente quello di certe bottiglie di plastica di acqua frizzante.
Piano l’auto avanzava tra i tornanti, scendendo verso il basso a costeggiare il blu bottiglia. Lei, nel sedile dietro, guardava fuori mentre gli altri si adoperavano a bere birre e fotografare, indossando costumi da mare e mostrando la pelle brillante di crema. Le catenine delle ragazze scendevano lungo il petto e si fermavano tintinnanti tra i seni con inconsapevole malizia.
Non c’era dubbio. il suo costume le faceva un bel seno e la sua bellezza liquida commuoveva molti, attraeva sin dall’infanzia come una calamita. Gli occhi di un azzurro ghiaccio sembravano impenetrabili, ma per una persona più attenta si capiva che erano occhi che avevano pianto molto. Solo gli occhi che hanno pianto sanno dire qualcosa. Solo gli occhi che hanno pianto hanno sanno parlare.
Preferiva il silenzio allo schiamazzo senza motivo, alla vuotezza dei discorsi a tavola; preferiva bere fino a perdere i freni inibitori per lanciarsi in conversazioni che parevano comizi. Sapeva manipolare con il suo fascino e si divertiva a farlo, tenendo lo sguardo fisso sull’interlocutore e dimenticando ogni altra cosa. In questo modo il processo di catalizzazione si rivelava più efficace e stuzzicante. il tono della voce rallentava… ed ecco ottenuta una birra gratis.
Non le piaceva chi mentiva, né le piaceva l’ipocrisia. Menzogna e ipocrisia erano due sostantivi dedicati a persone deboli, persone che forse non avevano i coglioni per essere trasparenti e se lo fossero state chissà che merda ci avrebbe visto dentro. Per carità… beh non che non detestasse anche la carità e la pietà.
Si era fin ora tirata su da sola, sviluppando la sua personalità in mezzo a tutte quelle che l’avevano circondata in infanzia, cercando di non prendere da nessuno, se non le cose utili. A volte si era fatta schiacciare, a volte aveva perso, ma si era sempre tirata su con le proprie forze.
Parcheggiarono la decappottabile su una distesa di sabbia compatta e grandi conchiglie. Il mare sembrava una brillante lingua gelatinosa. Le ragazze presero tutte le borse e cominciarono a camminare per raggiungere l’altra riva, in modo da stare di fronte a sole, e ad ogni metro percorso l’acqua sembrava sempre più invitante, un richiamo di oblio ottundente che fischiettava un’aria seicentesca. Una presa in giro per gli occhi.
Avanzavano ridendo e parlando tra loro, un paio di canne che già giravano rendevano l’ambiente intorno ancora più surreale e i pochi avventori di quel luogo, difficile da raggiungere per i classici pigri da riviera, degli extraterrestri in occhiali da sole.
Si fermarono sul lembo di sabbia che avevano puntato e cominciarono a togliersi scarpe e pantaloni. La sabbia era morbidissima, calda, il colore ricordava quello dei biscotti al burro. Misero il frigo con le birre al centro, piantarono la tenda ombreggiante e ce lo ficcarono dentro. Lei si sciolse i capelli: brillavano. Guardava solo l’acqua. Uno sguardo vacuo. Sentiva il calore della sabbia ed era quasi in estasi. Forse, per qualche attimo, il secondino nella sua testa aveva aperto le sbarre. Mise in un angolo le sue cose, prese una birra e si diresse verso la riva. Tra di loro era calato un silenzio lisergico, una pace da nevralgia. Ognuna di loro era persa nei propri pensieri e lo scambio di battute era al minimo. I colori brillanti accentuati dal sole cocente mostravano un paesaggio da pop art.
Un luogo di silenzi, di punti che disegnavano una sospensione; un posto per riflettere. Nessun presente sulla piccola costa sembrava lì per fare casino.
Un po’ alla volta tutte e quattro entrarono in acqua. Una sensazione ottenebrante. La pressione si abbassava e sfiorava l’ipotensione. Muoveva l’acqua con le dita leggere a pancia in su, aspettava di essere cullata dalle onde che muovevano delicate verso la riva. Adorava la sensazione dei capezzoli che si inturgidivano con la temperatura dell’acqua, il corpo che si contraeva e poi si lasciava andare al moto delle onde ritemprandosi quasi per osmosi.
Con calma, uscì dall’acqua e si distese sul suo telo azzurro, finì la birra e si accese una sigaretta. Il sole era placido là in alto e placida era anche lei che ne coglieva i raggi. Si sarebbe mai commossa di nuovo? Avrebbe mai potuto di nuovo piangere per un costrutto letterario ben fatto, per la gioia di vivere un istante, per la pazienza e la tenacia? Dove era finita la sua determinazione? Poteva ancora pensare di possedere la sua libido con franchezza, per turbare e dominare? In quel momento il desiderio di possedere un’elevata consapevolezza del suo corpo affievoliva tutti i pensieri che le rombavano in testa.
Il carceriere era severo e si stava preparando ad alzare una palizzata attorno al cuore e al cervello sbudellato ma questo di certo non l’avrebbe fermata, c’è sempre una via per sfuggire al carceriere. Basta essere più furbi. Questo pensiero la rassicurava.
- Che schifo il cinismo, eppure non ne posso fare a meno.
Prese la sua busta di trinciato e cominciò a tirare su un’altra canna. Nel frattempo una delle sue compagne uscì dall’acqua e si mise con il telo affianco al suo. Entrambe guardavano l’orizzonte e senza guardarsi in faccia chiacchieravano sommessamente con tono languido. Era tra le sue amiche preferite: prendeva le emozioni come farfalle, le accarezzava e le lasciava volare libere, bastava poco perché un’emozione la travolgesse ed era un catalizzatore di energie e vibrazioni. Si vedevano poco ma si pensavano molto e la connessione, oltre la prossimità fisica, rendeva il loro rapporto stabile e relativamente tranquillo. Era una sorta di interconnessione. Non era detto fossero sempre le parole a dare voce ai pensieri, ma c’erano dei segnali. Arrivavano in modo casuale, spinti da un vento di intensità più o meno variabile, ma che sapevano portare a delle epifanie interessanti.
Anche lei avrebbe voluto che le sue emozioni volassero libere e che potesse prenderle come farfalle, che si appoggiassero leggere sulla punta del suo naso, con gli occhi accecati. Invece quello che aveva imparato negli ultimi anni era solamente guardare bene a terra, sapere cosa stavano calpestando i suoi piedi, con la paura di cadere e di rialzarsi di nuovo. Poche parole, molta intesa, si osservavano a vicenda i propri corpi, commentavano con ironia pregi e difetti cercandone l’appetibilità.
Ammetteva la sua forza ma era stanca e voleva sentire quell’illusione di libertà della quale molti non erano consapevoli o davano per scontato. Resuscitare i fantasmi non era possibile.
Il passato in quanto tale non si poteva modificare. Non che ci fossero rimpianti, forse qualche volta, si diceva, avrebbe potuto essere più coraggiosa. Piantare bene i piedi a terra, incazzarsi davvero, scopare occasionalmente di più, cominciare e finire più progetti, concretizzare più idee. Insomma lasciare delle impronte più marcate. C’era solo da ricostruire oltre le palizzate. Prima o poi sarebbero crollate sotto il peso delle sue pietre, dei suoi macigni che era pronta a scagliare.
La sabbia soffice induceva a un bel riposo, a chiudere gli occhi. Il corpo però rispondeva esattamente al contrario e in opposto. Per fortuna. Con una presa di posizione energica contro il suo secondino, prese per le braccia la sua amica, la tirò su dal telo con vigore mascolino e insieme si ributtarono in acqua ridendo come cretine. Gli occhi che tentavano di dare una forma al sole, i capelli brillavano del blu che li bagnava. Non c’era bisogno di tornare indietro, si disse. Forse si poteva iniziare daccapo, con tutto quello che già poteva sapere e già sperimentava. Abbracciò la sua amica, la sua compagna. Le disse grazie. Non c’era bisogno di altro.
La sua assenza era stata più che prolungata e il tempo, per lo meno ora, richiedeva solamente sole, aria e blu.