Cascata
Ai bordi della cascata davanti all’oblio ci sono io. Fa anche rima, non fa per niente ridere, infatti non rido.
Più nero del nero, penso spesso, così da rovinarmi abbondantemente le giornate. Un locale nero, un abito nero, una prospettiva nera.
Tirano un grande sospiro di sollievo, chi più chi meno, il sospiro intendo. Quindi dev’essere così che la vita si mette a funzionare, non senza una certa sorpresa con la bocca serrata e le mani sugli occhi. No, no, no. Oddio, oddio, oddio.
Cosa sono diventato agli occhi degli altri? Un cumulo di nozionismo e storiografia spicciola. Un perpetuatore di sciagure, sciacallaggi e il bisogno di ricordare la morale. Quel tipo di pedagogia lamentosa a dito puntato, che sarebbe bellissimo scomparisse dalla terra e dalle teste e dalle tastiere.
Allora sì, un bel sospiro di sollievo.
Allora sì, un buon acconto per l’anticipo di quella bella idea. Tieni, anche una pacca sulla spalla: completamente gratuita, ti stimiamo davvero perché sappiamo perfettamente quel che ti macina dentro quindi siamo molto fieri di te. Fieri per la tua produttiva. Bravo. Chìnati sul profitto.
Sé lallero. Quindi nero, cupidigia, asprissimo pensare orrori e catastrofi mentre banchi di nuvole peste si mettono a vorticare sulla mia testa, sulla città e sulla regione, poi sulla nazione e persino sul continente che, davvero, giunto al limite massimo, non contiene più nulla e trabocca e se ne va. Infelice, chiaramente. Se ne va dentro gli oceani, lastricando tutto il fondale marino come l’opera maligna quale è.
E poi pentirsi e mai ricominciare. E poi pentirsi e mai ricominciare, ancora una volta. Altre due, altre tre. Quattro. Qualche centinaia di migliaia di volte a non rifare e fare di nuovo, invece. Mi addormenterei o vorrei svenire per troppa fame.
Le nuvole restano lì, dentro. Piovo.
Piovo acque salmastre e rallento
intaso la bocca e gli occhi
di questo bel mondo che dicono essere lì sopra
lì sotto
lì attorno,
e invece ai bordi della cascata
davanti all’oblio
ci sono io