Non mi capita mai di avere veramente freddo. Di farci caso, forse.
Metti un’altra maglia, forza. Dove vai con quei piedi scalzi. Scherzi che hai solo il giacchetto di jeans, è dicembre per l’amor di Dio.
Sorrido all’immagine delle amiche di una vita affezionate alla canottiera, a mia nonna nascosta sotto sette strati, ai cappotti a peso d’oro.
A me sentire addosso la brezza gelata sa di rinascita: quella strada in bicicletta per andare al liceo alle sette e quaranta di mattina - chi prendo in giro, sarà stato sicuramente più tardi-con la gonna, le calze già in procinto di rompersi e gli occhi assonnati, era catartica. E vogliamo parlare delle uscite d’inverno? Il mento sotterrato nei colli alti dei maglioni che pizzicano, finché non si entra in un interno e il caldo avvolgente scioglie i muscoli contratti, rende quelle mura qualsiasi un rifugio.
Sono in bagno, per lavarmi prima di dormire, diciotto gradi abbondanti gravitano nella casa. Lo specchio mi scruta aspettando che mi metta il pigiama ma io sto ferma, un minuto, due, tre e ancora da capo. E allora ho pensato che non ci riuscivo perché avevo freddo. Io, che avevo freddo.
Come te lo spiego che ho freddo quando mi spoglio? Dietro il cotone tolto si svelano le curve del mio corpo disegnate con distratta dolcezza, brividi risalgono la colonna fino alle labbra, una accavallata all’altra.
Ho bisogno di un calore che non bruci
stai dicendo che puoi esserlo per me? Se solo
ti lasciassi entrare,
le tue mani
sarebbero onde salate
sulla mia pelle arida di baci
e i tuoi sussurri all’orecchio
comico solletico.
Io indagherei il tuo collo
Covo di odori
Cercherei di scoprire se c’è spazio
Anche per il mio
E mi metterei in punta di piedi
Per guardare meglio
oltre gli occhi a mandorla che porti
mentre le tue dita scendono a cingermi i fianchi
e io posso appoggiare la fronte sulla tua
e non mi servono alfabeti
per parlarti con la lingua.
Albero spoglio
Cadono le foglie d’inverno
La legna brucia
Io no
E nemmeno tremo.