È tipo l’unico posto dove sei al sicuro, sotto le coperte, con anche la testa sotto, e solo la luce del cellulare che usi per scrivere ad illuminarti.
È tipo come quando la mattina non riesci ad alzarti, tu che non hai mai dormito, tu che sei andato a lavoro anche da strafatto, o straubriaco o strafatto e straubriaco, o con la febbre, o a lutto, perché il dovere viene prima di tutto.
È tipo come se non riuscissi ad affrontare il mondo, perché in fondo non sai davvero quanto voglia migliorare le cose o quanta forza, quella che ti hanno sempre imputato, tu abbia.
È tipo che sei lì e scrivi, che poi anche ‘sta roba qui non è che l’abbia mai saputa fare eh, e continuo a non saperla fare, sta di fatto che ho appena sbagliato persona verbale, ma vabbè, tanto chi ci credeva che parlavo di un altro.
È che rimugino, sul fatto che abbia cannato tutte le scelte. Sarà pur vero che il dolore è una sensazione così familiare che alla fine ci coccola anche, ma devo esser sincero mi sono divertito. Un po’ come quando uscivo con quella che mi faceva impazzire ma che scopava da Dio e beveva come un russo, o quando in un mese mi sono fatto lo stivale da sud a nord e viceversa per prove di lavoro, andate male perché nessun posto mi faceva star bene, e concerti, oppure quando ho provato certa roba per la prima volta e poi giuri che non lo fai più, ma poi lo rifai, un macello insomma… Che poi qua sotto io vorrei dormire, ma mi manca l’aria ed io sono uno che ha sempre caldo, potrebbe essere una perfetta metafora della vita… Un posto perfetto, sono al sicuro, al caldo, ma mi sento oppresso, e scappo. Un mio classico.
Intanto intorno a me la vita scorre, tutti vanno avanti, ed io sono fermo. Chissà quando ripartirò, se lo farò stando qui, se andrò via, cambiando città, cambiando vita. Intanto provo a dormire, che non credo sia neanche il caso, che se dicono che la notte porta consiglio credo che in pochi le abbiano aperto la porta dormendo.
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