FURORE
S’accascia la fronte
Sfrondata
Sulle mie molte solitudini
Gravide di ebbrezza
Insondabile
Amareggiata la pelle
Nuda m’accusa
Di farne moneta di scambio
Ingenuità maligna
Mi accende arrendevole
Strappa i tremori
Dilania le lingua degli amanti
Epicentro insaziabile
Di Grazia
Ma non ai miei piedi
Freddi
Offrono mani giunte
In preghiera
E s’arrogano il mio amore
Senza chiedere
Il mio
Nome
Senza chiedere
Altro che
Il mio
Vano furore.
GRACIDARE
Piegati sui gomiti
-Puntelli aridi-
Poggia l’udito fino
Sul mio seno:
Senti il cuore gracidare?
Innerva parole che vorrei
Poter trovare
Appese alle tue labbra
Iridescenti di
Timore reverenziale.
Infrangiti contro i miei
Fianchi
-Fiordi spalancati
Sulle tue burrasche
Impietose-
Larghi.
Saranno mondati
I miei incauti tremori?
Donami la letizia
Della femminea alba
Ed eleva al mio palato
L’afrodisiaco pallore
Del tuo amore.
RINTOCCHI
Lo senti?
Il rintocco delle mie ossa
Scivolano
Liquide
Tra le ombre
E rallentano le proiezioni
Del tempo
Sulla mia carne.
Mi sciolgo pigramente
Lungo i corridoi inebriati
Di penombra lungamente
Attesa
Congiunte le mie labbra
Rivolgono a sordità
Estatiche
Silenzi
Turgidi
Di speranze sconsolate.
La Disperazione
È il peccato più grande
Agli occhi di Dio.
Ma io fingo la sua cecità
E ancora temo
La sacralità
Della sua assenza.
Melanconica immobilità
Del mio animo
Che - come in sogno -
Tende la sua forza
In avanti
Verso un punto che s’assottiglia
Ma non riesce a spostare
L’aria
E percepisce una presenza
Opprimente
Una mano informe puntare
Al suo petto
E cacciarlo alle spalle
Della sua codardia.
Non sento il compiersi
Del Tutto
Rallentare la fanghiglia
Scoscesa
Della mia
Solitudine.