Corpo sgombro
Sono sveglia, ma non voglio aprire gli occhi, non voglio lasciare entrare la realtà. Voglio godermi ancora qualche minuto del limbo tra il sonno e la veglia.
Così immagino.
Immagino il volo del pulviscolo leggero e la prima luce del mattino che filtra nella stanza.
Quale stanza?
Sono nel tuo letto? Tocco le lenzuola e non mi paiono le tue, sono leggermente ruvide, tipico dei tessuti nuovi o del bucato fresco. Decisamente non sono le tue.
Sono nel suo letto? Non ne sento il profumo né l’ombra tiepida che solitamente lascia nel materasso.
E se fossi in un albergo? Dove e con chi ho passato la notte? Non ricordo, di ieri sera non ricordo nulla. Penso che dovrei aprire gli occhi e reagire, almeno per capire che cazzo ho combinato questa volta, ma mi sento addosso una stanchezza immensa, gli arti pesanti come se avessi cent’anni, tanto che ogni movimento è un’impresa titanica. Provo a crogiolarmi nelle lenzuola ancora un po’, ma per resistere alla tentazione di sbirciare la stanza e di avventurarmi nella realtà infilo la testa sotto il cuscino. Anche lì nessun segnale, non ci sono profumi particolari che mi rimandino ad amanti particolari e mi sento spaesata.
D’un tratto avverto come un brivido fragile lungo tutto il corpo, sono nuda in un letto sconosciuto e non sento tracce di uomo su di me. Né attorno a me. Le labbra secche. Le braccia stanche. Mi annuso le mani: tracce di tabagismo e niente più. Allungo le gambe letargiche e mi stiro per bene. È una sensazione nuova, sono così abituata ad avere qualcuno addosso che stare così da sola, mi spiazza. Sono sola che bello.
Chissà perché mi viene il mente il mare; penso a quanto galleggiare mi faccia sentire bene, leggera, pervasa da un’infantile felicità, a come tutta la pelle goda nell’essere esposta al vento, all’acqua, al sole, alla salsedine. Penso al mare e poi viro sul corpo, rifletto su come sia solo un triste crocevìa. Crocevìa di passione, per un attimo; di desolazione, per una vita intera. Mi rendo conto di quanto sia facile lasciare passare le cose, farsi attraversare dal tempo, dagli eventi, dagli uomini, visti da dietro un vetro trasparente, tanto invisibile da farmi sembrare vera. Ma è tutto molto lontano, dietro al vetro. Tutto passa sopra al corpo e ci si aspetterebbe di vederne un segno, magari recondito, ma almeno un indizio, invece, niente. Le uniche tracce sono cicatrici che ho scritto nel corso degli anni e non c’è altro che la breve storia di un corpo sgombro.
Il corpo è un complice semplice, è puro istinto. Risponde agli stimoli e vive le cose, senza porsi domande. Ma tutto il resto è difficile, anzi no difficile non è il termine giusto, è che diventa tutto più complicato. Diventa complicato tornare da te, dopo essere andata via da lui. È complicato sorridere e chiedere “Com’è andata al lavoro?”cercando gli orecchini in borsa.
Siete così diversamente simili, mentre vi sforzate di capire cosa mi passa per la testa, con il sospetto l’uno dell’altro.
E siete estremamente simili mentre vi sfogate su di me, cercando di lasciare una testimonianza tangibile del vostro passaggio, con la speranza che sia la dimostrazione definitiva del vostro possesso, per ridurmi a possedimento, ma realizzando solo poi che anche questa volta vi sono sfuggita e finendo tristemente col sussurrare le tanto care domande: “Dove sei stata? Con chi eri?”.
Mi hanno sempre fatto molta tenerezza gli uomini. Li ho sempre vissuti come esseri finiti, compiuti, prevedibili - soprattutto a letto. Il corpo di donna, invece, non ha confini così precisi, è fieramente in mostra e al contempo segreto, è un orizzonte che non puoi cogliere interamente con lo sguardo perché è infinito, è terra che accoglie.
E non è terra di nessuno, ma terra di tutti: è libertà. La libertà non si tiene.
Una libertà che si fa campo di battaglia: le mestruazioni la gravidanza il parto l’allattamento i figli la menopausa e nel mentre gli amanti. C’è spazio per tutti.
È lo stesso campo su cui transitano da secoli gli eserciti in marcia a portare il sangue, a morire nel fango; battuto dall’arido sole e da piogge torrenziali, lo attraversano le radici degli alberi le foglie secche i petali i frutti troppo maturi e il vociare dei bambini.
Sono un corpo sgombro in un letto che non è il mio, sono nuda terra e sono libera.