Cuore di cane
Sul marciapiede le mascherine abbandonate non sono più gli unici punti di colore: le aiuole trasudano primavera e i noccioli nascondono già i primi fiori fra le foglie tondeggianti, i fiori selvatici accompagnano le cicche di sigarette e i guanti in lattice usati. Un passero dal becco scuro zampetta qua e là alla ricerca di qualche seme. Rimbalza fino all’altro lato del marciapiede dove sono rovesciati dei libri zu verschenken, aperti, strappati. L’uccellino becchetta le pagine strappate, come per rianimare le parole, inclina il capo da un lato e dall’altro, si esibisce in tutta una serie di danze a cui sarebbe facile attribuire altri significati che non hanno. Un piccione plana sgraziato fra i libri ammucchiati, forse caduti, facendo scappare il passerotto. Le pagine si separano sotto allo scalpiccio del nuovo arrivato, la colla gialla e secca, i caratteri illeggibili, oggetti ormai privi di valore anche per gli esseri umani. Un cane legato a una staccionata abbaia con un ritmo tutto suo, ma riconoscibile: bau, bau bau, bau bau, bau. Breve pausa fra le battute. Sulla cima di un lampione o di un albero gracchia un corvo, presto imitato da suoi simili nascosti fra le fronde dei noccioli. Un sacchetto di plastica fruscia al vento, incastrato fra i rami. Le nuvole scivolano rapide in cielo, si trasformano in strani mezzi di trasporto, o giganteschi predatori dei cieli, o placidi abitanti della stratosfera, incuranti delle piccolezze che abitano e zampettano e abbaiano nelle strade berlinesi quaggiù. Il fatto che siano semplici accumuli di vapore acqueo e/o cristalli di ghiaccio non tange la mente degli abitanti del marciapiede, gli uccellini nascosti fra i cespugli, il cane legato alla staccionata. Al di là di essa, in un giardino privato, zampettano altri uccellini dalle ali scure e dal becco chiaro, forse delle ballerine bianche ma anche questi nomi sono assegnati a loro insaputa, privi di significato se non per chi li pronuncia. Un passerotto ha trovato qualcosa fra l’erba alta, delle briciole, qualche rimasuglio di una tovaglia sbattuta diversi metri più in alto, chissà quanti giorni prima. Più vicino all’incrocio i grossi corvi grigi e neri fanno la spola fra un nocciolo e l’altro, piantati a distanza regolare. Un merlo dal becco arancione vivido zampetta storto nei dintorni di una grata, indifferente all’odore nauseabondo che proviene dai liquami sotterranei. Quando si avvicina un po’ di più alla staccionata, il cane si avventa verso di lui: bau, bau bau, bau bau, bau. Il piccolo uccello scuro spicca il volo, compie qualche evoluzione prima di tornare vicino al proprio punto di partenza. Osserva incuriosito il cane da una distanza di sicurezza e poi il tombino, l’oscurità sotto fra le sbarre metalliche. Spicca il volo rapido quando scorge un movimento là sotto: due topolini di campagna escono alla volta dei bidoni stracolmi, delle confezioni schiacciate, unte, delle bottiglie rotte, dei sacchetti sfondati. Questa volta il merlo punta dritto verso la grande insegna della metropolitana, supera l’incrocio e si appollaia proprio sopra alla grande U bianca su sfondo blu. Sotto di lui, il cadavere di un coniglio giace immobile a lato della strada. La sagoma dell’animale è ancora riconoscibile, ma le sue viscere formano una lunga virgola sull’asfalto, un budello sbobinato che parte da metà carreggiata e conduce fino al suo intestino, ormai freddo. I corvi continuano a gracchiare dalle cime degli alberi; i topi muovono frenetici il loro naso nell’aria; il merlo riparte in volo in cerca di chissà cosa; il cane abbaia: bau, bau bau, bau bau, bau.