I viaggi in treno,
quelli di tre ore che diventavano infiniti,
i sedili sudati,
quelli che appiccicavano le cosce d’estate
e le solite fermate
che dovevamo ascoltare con attenzione:
sono quelli
che adesso vorrei di nuovo pagare,
son gli stessi
dove mi vorrei di nuovo appiccicare,
sono loro
che adesso vorrei dover ascoltare.
Invece vedo te
che bevi un calice di vino sul balcone
e vorrei lanciarti
le mie lacrime per farne del ghiaccio;
si mescolerebbero
per creare un cocktail da bancone,
si scioglierebbero
e saprebbero di vodka e limone.
Passa qualcuno
pedalando veloce su una biciletta,
le lacrime amare
le hai trangugiate avidamente
e il mio treno
è stato cancellato un’altra volta.
Chi si scuserà
per il disagio augurando buon viaggio
a noi passeggeri
desiderosi ma più che mai indesiderati
su quei treni
distanti, dismessi, dimenticati, deragliati?