Diario di bordo della reclusione - Episodio #1
È un periodo molto difficile per la sanità pubblica, per la salute di chi è in ospedale e sta cercando di poterne uscire sano, ma anche per la salute mentale di chi è costretto a casa. Non poter vedere nessuno per un mese è una prova molto forte per noi stessi, per le nostre insicurezze e per le nostre necessità.
Per fortuna ci sono tante valide soluzioni per avere un surrogato della vita che abbiamo condotto fino a qualche giorno fa: smart-working, lezioni online, videoconferenze, chiamate Skype con gli amici e tanto altro. Sabato sera, con la mia compagnia storica di amici abbiamo usato un'applicazione che si chiama "Houseparty", che permette di fare dei giochi di società a distanza.
Sì, è stato carino, per un po' ci siamo anche divertiti, ma era strano. In dodici anni di frequentazione assidua non ci siamo mai videochiamati nemmeno una volta. Se c'era un problema, uscivamo al bar a parlarne o ci trovavamo a casa di qualcuno. Quando eravamo insieme, spesso urlavamo e ci parlavamo sopra e accavallavamo più discorsi contemporaneamente, non dovevamo aspettare che uno di noi finisse di parlare per passare il turno ad un altro.
Il mio migliore amico mi ha detto che questa quarantena ci darà degli spunti di riflessione su quanto sia fragile la nostra libertà e la nostra quotidianità. Altri rispondono che, forse, ne usciremo più forti di prima ed avremo capito quali sono le vere necessità nei rapporti.
Non so mai che rispondere. Vorrei credergli, ma al momento mi sembra tutto solo molto fragile.