Diario di bordo della reclusione – Episodio 2
Faccio una premessa: questo testo è di un po’ di tempo fa e non sapevo che farmene. A rileggerlo, penso che in questo periodo mi manchi così tanto uscire di casa che sarei disposto anche ad andare al bar a prendermi dei gran coppini da della gente che detesto.
Al bar di paese è risaputo che Luca ed i suoi due amici, Francesco e Arturo, sono degli sfigati.
Non perché siano sfortunati, ma proprio perché privi di tutte quelle caratteristiche che in un comune di provincia ti rendono un adolescente popolare ed apprezzato dai coetanei: reggere l’alcol, avere un fisico tonico ed adatto agli sport, ma soprattutto guidare macchine costose e di grande cilindrata.
Loro rappresentano il classico trio di cui al bar nessuno si interessa né quando arrivano né quando se ne vanno. In genere, la loro unica preoccupazione è di arrivare a fine serata senza prendere troppi coppini da parte di qualche ragazzo più grande che, a differenza loro, popolare lo è per davvero. Nonostante tutto, loro al bar si trovano abbastanza bene e lo frequentano volentieri. Si trovano tutte le domeniche e passano l’intero pomeriggio ad ascoltare le storie assurde che raccontano gli altri, in cui gesta eroiche come fare dei freni a mano nei parcheggi del supermercato animano discussioni in cui loro tre non sono mai coinvolti.
Proprio in una di queste domeniche, una di quelle in cui tutto il locale è pieno di gente, Luca entra di corsa alla ricerca di aiuto. La sua fidanzata parte tra mezz’ora, ha un treno da prendere per andare un mese in vacanza studio e vorrebbe vederla un’ultima volta prima di doversi salutare. Purtroppo gli si è rotta la macchina poco prima, ha provato a risolvere il guasto, ma ha solo perso tempo. Alla sua richiesta di aiuto non risponde nessuno, lo ignorano tutti, qualcuno addirittura ride, per poi girarsi dall’altra parte. Gli unici due che prestano attenzione al suo discorso fino alla fine sono Francesco ed Arturo. Francesco prova a convincere Arturo, che è l’unico di loro ad avere compiuto diciotto anni e ad avere la patente, a dargli un passaggio.
Arturo inizialmente tentenna, prova a spiegare che in così poco tempo non arriveranno mai in stazione, che ormai è troppo tardi, poi si fa convincere dallo sguardo disperato di Luca. Per quanto gli altri al bar li guardino con compatimento, corre a recuperare la macchina.
In viaggio, la formazione è la seguente: Arturo guida con tutta l’incoscienza e l’esuberanza che solo uno che ha preso la patente da un mese può avere; di fianco a lui c’è Francesco che controlla il percorso migliore su Google Maps e dietro Luca, costantemente al telefono con la fidanzata per rassicurarla ed assicurarle che stanno facendo il possibile per arrivare in orario. L’applicazione suggerisce che, rispettando tutti i limiti di velocità, arriveranno alla destinazione in ventiquattro minuti, ma i ragazzi ne hanno ancora solo diciotto prima che il treno parta. Arturo pigia il piede sull’acceleratore ed immette la quinta marcia. Percorrono tutta la strada statale ad una velocità folle per recuperare tempo, fiduciosi del fatto che sia un lungo rettilineo ma, arrivati in città, insorgono i veri problemi: un incidente improvviso ha bloccato alcune delle vie principali, tra cui quella più rapida che avrebbero dovuto percorrere. Francesco guarda la faccia sconvolta di Luca, poi quella di Arturo in cerca di aiuto, poi inizia un discorso in cui spiega all’amico in difficoltà che alla fine un mese non è poi troppo tempo, che non saranno di certo cinque minuti di discorso a confermare il loro amore reciproco e tanto altro per sottintendere che non arriveranno mai in tempo. Nel frattempo, Arturo continua ad escogitare una soluzione: si ricorda che, quando era piccolo, andava sempre a camminare da quelle parti con il nonno e che c’era una stradina che portava in un campo che era proprio dietro la stazione dei treni. Si guarda intorno per qualche secondo, poi riconosce la strada, fa un sorrisetto che non preannuncia nulla di positivo e parte con una sgommata. Imbocca la stradina, poi la taglia a metà: la macchina finisce fuori strada in un ampio campo desolato. Francesco si mette ad urlare ad Arturo per chiedergli che cazzo gli sia saltato in mente, mentre Luca si ammutolisce del tutto e si mette le mani sugli occhi per non vedere come morirà. La vettura ballonzola per quasi un chilometro, in cui chi la sta guidando non ha la minima intenzione di rallentare, per poi finire sul lato posteriore della stazione, con ancora sette minuti di anticipo. Luca apre la portiera e scende immediatamente, più per lo spavento che per il desiderio di incontrare la ragazza, e si fionda verso l’ingresso. Quando torna, c’è una volante della polizia con due agenti che avevano visto da lontano la manovra irregolare. Arturo sta dialogando con loro in maniera abbastanza animata, cercando di spiegare le motivazioni di un gesto a suo parere necessario per far fronte ad un problema improvviso.
Qualche giorno dopo, Luca entra al bar e, incredibilmente, c’è Arturo al centro dell’attenzione che sta raccontando a tutti gli altri, che lo ascoltano in religioso silenzio, come incantanti, la storia che per qualche anno sarebbe stata nota come “quella volta che a diciotto anni mi ritirarono la patente, ma in cui feci una gran giocata da fenomeno per salvare un amico”.