Venerdì
7:00
Parte la prima sveglia, una sorta di sirena di fabbrica lanciata a volumi stratosferici. Ci vogliono almeno 5 minuti perché venga fermata ed è comunque uno stop temporaneo.
7:15
Suona la mia, di sveglia. L’intro di “Foundation” di Kate Nash, un paio di note di piano tenute lunghe prima che arrivi la voce nasale dell’inglesina. La spengo in poco tempo, difficilmente arrivo a sentirne la voce.
7:20
La seconda sveglia, di là dal muro. Una di quelle con le pile a stilo e il BIBIBEEP BIBIBEEP stereotipato. È martellante quasi quanto la prima. Mi sembra quasi che non verrà mai spenta e me la porterò in ufficio dentro le orecchie, me lo sento.
7:25
Secondo round di sirena di fabbrica. Dura solo 3 minuti però.
7:30
La mia seconda sveglia. L’intro tropicale di “Quello che le donne dicono” de Lo Stato Sociale. Ho l’onere di spegnerla prima che attacchino le voci: sono in coro e nessuna è particolarmente suadente.
7:35
La terza sveglia parla: una voce metallica ripete atona “Se non ti alzi sono cazzi”. Non è molto minacciosa o comunque non è efficace, perché lo ripete qualcosa come 20 volte, sino a che l’ameba non si decide a spegnerla. Si alza e, facendo tutto il rumore di cui è capace, spalanca la porta della stanza e si infila in bagno. Tre minuti sulla tazza e poi in doccia. Lo so perché il sbatte il box con una tale veemenza che mi sembra sia ai piedi del mio letto.
7:40
La sirena riprende a suonare ma nessuno si degnerà di spegnerla perché la larva è nella doccia.
7:45
Mi alzo. Scaccio il malumore. Scorro la rassegna, mi infilo i pantaloni, spalanco le finestre, accendo un incenso e vado in cucina. Il tempo che l’acqua bolla e ho spremuto il limone e versato il miele nella tazza.
Da due settimane lo scottex è finito. Lo ha finito lui. Da due settimane usiamo i tovagliolini di carta. A breve dovremo passare alla carta igienica.
Mi porto la tazza in bagno e aspetto che l’altra doccia sia finita. Una volta non l’ho fatto, mi sono infilata nella doccia per prima pensando che se ne accorgesse. Ho finito per lavarmi i capelli sotto un rivolo di acqua miserabile fino a che NatoStanco non ha finito la sua, di doccia.
8:15
Quando mi sono lavata lui è già andato via. Io vado a lavorare molto più tardi ma decide comunque lui quando mi devo svegliare.
Ha lasciato la porta della camera aperta, lo so perché il corridoio puzza come la sua stanza: un misto tra la borsa della palestra dimenticata al sole e una sala da biliardo. Probabilmente non svuota il posacenere da mesi. Chiaramente non ha pensato di aprire la finestra, sia mai cambi l’atmosfera.
Camera mia, invece, sa di fiori e di India. Mi spalmo la crema e asciugo i capelli. Rifaccio il letto e scelgo come vestirmi.
9:00
Vado in cucina a sciacquare la tazza. Nel lavello la tazzina sporca del caffè, con il fondo a seccare, il piatto della colazione e il coltello della marmellata: troppo impegnativo lavarli. Immagino che la lavastoviglie sia piena, altrimenti li avrebbe buttati là dentro.
Sono tre mesi che non uso la lavastoviglie eppure ancora aspetta 3 giorni dopo ogni lavaggio prima di decidersi a disfarla, visto mai mi venga la voglia di farlo al posto suo.
Infatti è aperta e piena di piatti puliti. Per quanto possano pulirsi accatastati senza criterio come li dispone lui. Ogni volta dovevo rilavare qualcosa.
9:30
Esco, vado in ufficio. Devo ricordarmi di comprare lo scottex.
19:00
Torno a casa abbastanza presto. Ho comprato lo scottex. Lo ha comprato anche l’altra coinquilina. La minaccia silente della carta igienica è arrivata ad entrambe.
Stasera il genio ha ospiti a cena, ce lo ha fatto sapere via whatsapp. Significa che userà la cucina, sporcherà in ogni dove e si circonderà di amici coatti e urlatori come lui fino a tarda notte. Fumeranno anche i tappetini del bagno e domani casa sarà un cumulo di sacchetti di immondizia che lui non porterà via.
Ma non m’importa: tra mezz’ora arriva Chicco. Non ci vediamo da due settimane e non abbiamo altri piani se non quello di ordinare sushi e guardare un film della Marvel.
19:40
Chicco ha fatto appena in tempo ad andare in bagno che già i muri della stanza tremano. Il fenomeno ha attaccato con la techno a tutto volume, dall’impianto della camera per farla arrivare fino in cucina dove ha iniziato a cucinare. La più romantica delle atmosfere.
21:00
È arrivato il sushi e abbiamo stappato il vino: stasera Iron Man e ribolla. Nel frattempo la suoneria dell’ebete risuona minacciosa sopra tutto: sopra la sigla, sopra la techno, persino sopra i muri. Riusciamo a distinguere ogni singola sillaba pronunciata nel ripetitore.
Poi se qualcuno sostiene che le discoteche fanno male è difficile dargli torto, capite?
Sabato
Il giorno dopo ci svegliamo con calma. È sabato, è festa e non abbiamo impegni. Gli Unni di là se ne sono andati alle 2:00 e alla fine siamo riusciti a sentire quasi tutti i dialoghi del film.
14:30
Propongo a Chicco un risottino agli asparagi. Ieri ho fatto la spesa e ho tutto il necessario.
Ci alziamo con calma e andiamo in cucina.
La bestia dorme, ovviamente.
La cucina è una distesa di pentole e piatti lavati ammassati su ogni singolo ripiano disponibile. La lavastoviglie è piena ma pulita. Nel lavello la tazzina del caffè sporca.
La merda si è svegliata, si è bevuta un caffè ed è tornata a letto a fumarsi la millesima canna. A mettere a posto il casino che ha lasciato non ci ha nemmeno pensato.
15:00
Ho riordinato la cucina e messo a cuocere il risotto. Vorrei camminargli sopra i testicoli con gli anfibi, lurido parassita inconcludente.
16:00
Il risotto è pronto, mangiamo. Lavo i piatti e usciamo a passeggiare. Lo porto a vedere il Mosè di Michelangelo: odia le chiese ma di fronte a Michelangelo non sa resistere.
22:00
Torniamo dopo un lungo aperitivo a Monti. Ci viene in mente che forse di sabato sera non ci toccherà la techno berlinese. In effetti è così.
2:00
Sono venti minuti che suona la sirena: è riuscita a svegliarmi nonostante il sonno profondo. Non smette. L’idiota si è messo a dormire e ha messo la sveglia per uscire a ballare. E siccome è un idiota non ha ancora capito che non sente le sue stesse sveglie.
Domenica
12:00
Decidiamo di andare a farci un brunch. Mentre Chicco si fa la doccia metto su il caffè. Sul terrazzo ci sono ancora tutti i sacchetti della spazzatura della cena di due giorni fa, organico incluso.
Apro whatsapp e comunico alla padrona di casa che sto ufficialmente cercando un nuovo appartamento.
Nei due mesi a seguire lo evito accuratamente e non ci rivolgiamo la parola. Il giorno prima del mio trasloco mi cerca per restituirmi i soldi della spesa comune. Mi deve 15 euro e qualche spicciolo. Tre mesi fa me ne aveva dati 23 e una quarantina all’altra inquilina. Si era detto imbarazzato perché lui in effetti non aveva comperato quasi nulla. Tre mesi dopo ne deve 15 a me e 25 all’altra.
Mentre mi porge i soldi faccio un rapido conto mentale e ricevo la risposta che già conoscevo.
Lo fermo accennando un gesto con la mano.
“Tienili” gli dico “visto mai a Porta Portese ti ci puoi comprare una dignità. Anche usata va bene per cominciare.”
Giro i tacchi e lo lascio ad imprecarmi dietro scomposto.
Avevo ragione: una buona battuta non ha prezzo.