Dikembe Mutombo quello che giocava nell'NBA
Sono seduto sulla S-Bahn che da Berlino Est potrebbe anche portarmi in 45 minuti sul Monte Magré di Schio di Vicenza del Veneto dell'Italia dell'Europa del Mondo. Potrebbe, ma non dovrebbe.
Dal vetro che ci separa da una zona industriale, scalda una luce di commovente inizio primaver-estivo che trafigge le pareti del treno in una vivisezione ottica brillante e avvenimentale. Magliette a righe, felpe allacciate in vita, general sollazzo, people talking this and that, il treno che ci porta a casa dopo il primo gelatino al parco - chi sarà poi quello che ha bevuto la limonata? E dove sará Dikembe Mutombo in questo primo giorno estivo?
Non ho gli auricolari né musica caricata su nessun supporto mobile, peró in questo momento mi sta andando, da qualche dove nella parte destra del cerebro, un motivetto craft-melodic di Mango, che cerco di richiamare guardando in alto a ore due. Mediterraneo, 1992. Mi sto trattenendo dal fischiettare e la cosa mi procura almeno il martoriamento disgustoso delle unghie.
Sono una persona disgustosa.
Mamma mia, che bellissimo.
Siedi qui
E lasciati andar così
Lascia che
Entri il sole dentro te
E respira
Tutta l'aria che puoi
I profumi che
Senti anche tu
Di fronte a me, all'altra parete di sedili, una diade madre-45enne-figlio-12enne di pelle terra di siena bruciata viva; a me dall'accento di lei ne viene che sono di ceppo generic-caraibico emigrato in Germania più o meno ventanni fa; lei lo parla meccanico, in super-indicativo, con una musicalità che io attribuisco senza liceitá alle Americhe. Lui è un ragazzo d'oro, vestito largo con le magliette "del basket", col cappellino a nascondere lo sguardo pacifico che fissa e speranza l'esterno e la vita, scrutinio fluido e sorrisi dolcini al mammone accanto.
La madre in broken-deutsch gli dice che ora a casa deve finire di studiare, lui in regaz-deutsch dice di sí e poi parla dei suoi amici di scuola e dice che é stanco, lei lo ascolta con le mani tra le gambe belle carnose, gli sistema il berrettino con la punta delle dita mentre penserà che uno psicotico di fronte a loro li sta fissando da due minuti e astraendo e scrivendoli in una fanzine che si chiama fantastico. Saranno spaventati?
Seduta ad un metro da me, alla mia destra, una madre sui quaranta con l'outlook floreale largo e l'approssimatezza urban-hippy, le scarpette ?asics? di due colori diversi; fa a maglia col suo gomitolone che spunta dalla borsa, e parla gaiamente al figlio di sei-sette anni in piedi di fronte a lei e intento a tenere su la bicicletta. Il figlio ha tutte quelle che a me sembrano le grammatiche e le biologie del sindrome di Down. La madre gli spiega la vita, lui attonito fissa pochi punti nello spazio e ci si imbambola davanti, azzarda un paio di brevissime frasi mentre la mamma le spiega sempre la vita col sorriso che si intorce tra le maglie della lana.
Mamma mia, sempre e comunque bellissimo.
La S-Bahn sta per fermarsi ed entrambe queste micro-coppie familiari devono uscire.
Urban sarta e bimbo attonito avanzano con le biciclette verso la porta d'uscita insieme ad un altro branco di venti persone, me compreso, ma bimbo attonito improvvisamente punta più deciso la bicicletta e se stesso verso la porta del lato opposto, e li ci rimane immobile mentre la madre inizia a chiamarlo e dirgli "No quella porta, ma dall'altra parte! :-)". Bimbo attonito rimane tale addosso a quella porta con l'occhio paralizzato sulla linea vaginale che divide la struttura a scorrimento della porta d'uscita, mentre venti persone, me compreso, gli passano accanto e sfilano via nella città. Mi giro velocemente dopo un paio di metri a vedere dove sono rimasti [sembrerò il Bruce Willis martoriato dall'angoscia panica in Unbreakable?]; bimbo attonito é rimasto inchiodato davanti alla porta sbagliata, nonostante la manciata di esortazioni gentili della madre che, alla fine, lo va a recuperare sradicandolo dal pavimento a forza di baci e veloci didattiche cognitive d'emergenza.
"Non questa porta, ma quella!".
Davanti a me camminano broken-deutsch e basket boy, tenuti per mano.
Lui ha tutto per diventare il nuovo Dikembe Mutombo, ma deve sudare duro e conoscere la tamugna legge dell'Arbeit Macht Frei: studia sempre ciò che fai.
Ora cielo estivo con filtro cittadino, primo fruscio fresco serale, alle sette fa scuro e anche per oggi tocca formattare questo splendido nessunu meschiatu cu nent' - tutto sommato catastrofi di poca importanza.
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Questo che hai appena letto é stato un pezzo sull'INTEGRAZIONE.
:-) :-)