Dimostrazione di come non esistano futuro e passato (o: diciannovenne che dorme poco)
di Anne F.
0. (il giorno prima di immatricolarmi)
Sono, da anni, l’asfalto di una strada dissestata.
Sono stata tela
per le foglie e la pioggia,
sono stata inizio
e confine
di minuscoli intrecci
e infiniti paesaggi.
Sono, da anni, il tetto di una casa crollata.
Sono stata orecchie
per dialoghi antichi
sono stata
di minuscoli intrecci
e infiniti paesaggi.
Sono, da un attimo, domanda:
la punta di una freccia scoccata.
1. (poi l’università è iniziata davvero)
Poche notti prima dell’esame di storia greca.
Non contavo quanto davvero mancasse, arrivata al punto in cui
chi mi incontrava prima di me vedeva l’ansia.
Tolemeo costruiva la biblioteca di Alessandria
e allora -mi sono detta-
scrivo un po’, faccio una pausa.
Anche perché era il secondo esame della mia carriera universitaria
e, non sapendo come affrontarlo, l’ho fatto nel modo peggiore.
Nel senso che ho distribuito male lo studio
e bene le lacrime tra le pagine, quando me ne sono accorta.
Minuscola miserabile mitomane
ero proiettata dalla cucina al delta del Nilo
dal delta del Nilo alla stanza di Salvatore Toma
quella volta che voleva morire
nel massacro di Béziers.
Dunque prendo la penna -
quando scrivo di aver scritto mi accorgo solo a posteriori -
con consapevolezza dell’inenarrabile, di una cosa inaudita,
forse due:
non so usare né il futuro semplice né il passato remoto,
non so scrivere se non di me.
“tutti gli usi della parola a tutti”
e io sono il re Mida
che nasconde in piena vista
le orecchie d’asino
negli occhi degli altri.
3. (quando poi voglio costruire statue per tutti i miei insegnanti di teatro)
Alla mia voce:
stanca come una bambina
mai cresciuta, ma satura di rinascite,
sei il privilegio di chi se la cava.
Morte su morte, diventerai valanga:
bruta e lieve e retta e incontrastata.
Non serve lama
per sciogliere i nodi,
servi te stessa, che sei chi ti chiama.