MORIA INNOCUA
Uomo
I tuoi rumori sono
Moria innocua.
Mi spalanchi la bocca
Per guardare il fondo
Delle mie parole
Nere
Gettate dal basso
Di queste manchevoli labbra.
Ho sete
E mi placo solo al calar
Del silenzio
Languisco estatica
Ché m’aggrappo al suo corpo
Spolpato fino all’osso
Macellato nella vana frustrazione
Di essere nome.
Uomo egocentrico
Ebbro di moventi
Granitici: saresti il primo
A gettarsi nella caduta
Affatto libera
Dall’alto della tua ipocrisia
Per il desiderio
-Mellifluo impero scarlatto-
Di possesso:
Lo schianto intona
Antiche risa
Di scherno
Volgendo lo sguardo
E s’affannano le mie mani
Inermi
Per ricomporre
Il suono delle voci spezzate.
MISERIA CANGIANTE
Le riserve
Che mutilano
Enormemente gli sguardi;
Che infossano, senza fatica
Alcuna, le visioni socchiuse.
Distorcono i sensi
-Infrangibili-
Schiantano all’aspra amarezza
Le speranze remote,
Di chi solleva i giorni
Inerme di codardia,
Per sfuggire ai rintocchi adescanti
Del divenire, adombrato
Dall’inconsapevolezza della
Miseria o
Della Ricchezza ambrata.
Una patina sottile giace
Sulle fronti
E gli interrogativi sfrangiati,
Che spesso irridono
A una curiosità morbosa
D’una malata insoddisfazione,
Umanità rea di vano egocentrismo,
Teorie favoleggianti l’impresa
A noi certa
Di una conoscenza senza spigoli, alcun
Angolo di pesante
incapacità d’afferrare
Le venature chiaroscurali di verità sciolte dal più
Viscido dubbio sincero.
Vana modestia s’avvinghia
E trascina ai suoi calcagni
I mondi fallibili
Che s’addentrano negli occhi
Sgranati d’incredulità
Di fin troppi uomini