Fantastiche citazioni #3
Avendo osservato con quale lucidità e coerenza logica certi pazzi (coloro che delirano in modo sistematico) giustificano per loro stessi e per gli altri le loro idee deliranti, ho perso per sempre la certezza della lucidità della mia lucidità.
— Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine di Bernando Soares
Geometrie non euclidee e meccanica quantistica, in dosi eccessive, possono causare gravi mal di capo ai più brillanti. E se si comincia a mescolarle col folklore, tentando di discernere un vago sfondo di universi multidimensionali dietro le astruse trame dei racconti gotici o le dicerie bisbigliate accanto al focolare, non si può pretendere di non avere i nervi un po’ tesi.
— H.P.Lovecraft, La casa stregata
Nelle scuole ci insegnano il dubbio e l’arte di dimenticare. Dimenticare soprattutto quel che è personale e locale. Viviamo nel tempo, che è successione, ma cerchiamo di vivere sub specie aeternitatis. Del passato ci restano alcuni nomi, che il linguaggio tende a perdere. Evitiamo inutili precisioni. Non c’è cronologia né storia. E neppure statistiche. Mi hai detto che ti chiami Eudoro; io non posso dirti il mio nome, perché mi chiamano “uno”.
— Jorge Luis Borges, Utopia di un uomo che è stanco
Miss Kenton era ancora in piedi nella hall nel punto stesso nel quale inizialmente l’avevo vista. Quando uscii, la donna si diresse in silenzio verso le scale, con un modo di fare curiosamente privo di fretta. Poi si girò e disse: - Mi dispiace tanto, Mr Stevens. Vostro padre è spirato circa quattro minuti fa.
- Capisco
La donna si fissò le mani, poi alzò gli occhi verso il mio viso – Mr Stevens, mi dispiace tanto - disse, e poi aggiunse: - Vorrei riuscire a dirvi qualcosa.
- Non ve n’è alcun bisogno, Miss Kenton.
- Il Dr Meredith non è ancora arrivato.
Poi, per un attimo, la donna chinò la testa, e le sfuggì un singhiozzo. Ma quasi subito riprese la propria compostezza e con voce ferma domandò: - Venite su a vederlo?
- Sono molto occupato, in questo momento, Miss Kenton. Tra poco, forse.
- In tal caso, Mr Stevens, mi permettete di chiudergli gli occhi?
- Vi sarei estremamente grato se lo faceste, Miss Kenton.
La donna cominciò a salire le scale, ma io la fermai, dicendo: - Vi prego, Miss Kenton, di non voler giudicare eccessivamente sconveniente il fatto che io non salga a vedere mio padre proprio nel momento in cui è deceduto. Ma, vedete, sono certo che egli avrebbe desiderato che io non interrompessi il servizio proprio ora.
- Naturalmente, Mr Stevens.
- Se facessi altrimenti, sento che lo deluderei.
- Naturalmente, Mr Stevens.
— Kazuo Ishiguro, Quel che resta del giorno
«A Roma» disse semplificando, «ci sono sempre le persone sbagliate; in ogni stato, in ogni capitale, al parlamento, al governo ci sono sempre le persone sbagliate.» Ora pensavo al movimento cartista in Inghilterra, poi a Zimmerwald, che mi occupavano quasi del tutto la mente, anche se sovente erano rimossi. E ancora alla lega spartachista e al sistema sovietico, a Rosa Luxemburg e a Klara Zetkin. Per due ore avevo dimenticato ciò che da mesi mi causava terribili dolori al cervello, il mio lavoro. Mi allontanai ancora una volta dai miei pensieri, quando, giunti al di là del ponte, l’Italiano, che mi aveva invitato a Firenze, disse: «Il buio che regna qui...» e tacque. «Non c’è» disse, «nessun mezzo per sfuggire a se stessi.» Che cosa intendesse in quel momento, non sapevo: eravamo davanti alla fine stra aperta, davanti al morto.
— Thomas Bernhard, L’Italiano,1969
un jour ceci
un beau jour
imagine
si un jour
un beau jour ceci
cessait
imagine
— Samuel Beckett, mirlitonnades #7
And then, most important of all: to remember who I am. To remember who I am supposed to be. I do not think this is a game. On the other hand, nothing is clear. For example: who are you? And if you think you know, why do you keep lying about it? I have no answer. All I can say is this: listen to me. My name is Paul Auster. This is not my real name.
— Paul Auster, City of glass
Non voglio nessuno che si avvicini a me, non voglio che nessuno mi veda, è questo il modo in cui le cose stanno andando da un po': nessuno si avvicina e nessuno mi vede.
— Karl Ove Knausgård, My Struggle: Book 1
Quello che dice Tyler dell'essere una merda e gli schiavi della storia, così mi sentivo. Avevo voglia di distruggere tutte le cose belle che non avrei mai avuto. Bruciare le foreste dell'Amazzonia. Pompare clorofluoroidrocarburi in cielo a mangiarsi l'ozono. Aprire le valvole nei serbatoi delle superpetroliere e svitare i tappi sulle piattaforme petrolifere. Volevo uccidere tutti i pesci che non potevo permettermi di comperare e annerire le spagge della Costa Azzurra che non avrei mai visto.
Volevo che il mondo intero toccasse il fondo.
— Chuck Palahniuk, Fight Club
Una giornata ha così pochi minuti, e una vita così pochi giorni. Si comincia senza sapere dove si andrà a finire e prima di rendersene conto la vita arriva al tramonto. Una sera si comincia a insegnare a un bambino come si fa a usare una lente di ingrandimento, e quando ci si sveglia al mattino e ci si guarda allo specchio, ci si accorge di essere diventati vecchi. Un momento si hanno quarantacinque anni, e il momento dopo sono diventati sessanta. Gli anni se ne sono andati come gli sterpi trascinati dalla corrente.
Quella mattina scese da basso e Roy stava dietro al banco. Si versava una tazza di caffè e, guardandolo alla luce di quel fresco mattino, a Jessie parve di vederlo per la prima volta. Quell’estate avrebbe compiuto vent’anni.
Era alto e bello: non assomigliava a nessuno della sua famiglia, eppure aveva qualcosa di tutti. I suoi capelli erano neri come quelli di Silverscreen, con riflessi blu, ondulati naturalmente. Gli occhi erano quelli di Martha Cordelia, con tutta la loro intensità e la loro lucentezza. Ma con tutto ciò Roy non aveva un aspetto effeminato: l’ossatura massiccia era quella del nonno; le spalle erano larghe e piatte, i fianchi stretti, le mani avevano lunghe dita sottili, come quelle di un chirurgo.
La battaglia era stata vinta, pensava Jessie Dermond quella mattina. Poteva darsi che lei fosse Jessie la Matta, come papà continuava a ripetere, ma almeno in questo era riuscita. Si sentì grata per la forza che l’aveva aiutata in quegli anni faticosi, si sentì riscaldata da una serena felicità.
Era la mattina del giorno in cui il mondo doveva andare in frantumi, come una bolla di sapone nell’aria.
— Geoffrey Holiday Hall, La fine è nota
Se una storia sembra troppo random, o forse troppo intelligente, per essere stata concepita da uno fuori di testa, prova a considerare che l'"autore" potrebbe essere la realtà e il "tizio fuori di testa" solamente il suo lettore. Dopotutto, solo la realtà può superare i confini della nostra immaginazione.
— Rivka Galchen, Atmospheric Disturbances
Se dovessi definire una depressione maggiore in una singola sentenza, la descriverei come un "disordine genetico/neurochimico" che richiede una causa scatenante la cui caratteristica manifestazione è l'inabilità ad apprezzare i tramonti.
— Robert M. Sapolsky, Why Zebras Don't Get Ulcers
Forse era questa la confessione che l’acqua esigeva da me: che parlassi la lingua dei miei genitori. Ma, ahimè, loro non mi sentirono. Gli spettatori nipponici rispettarono la regola del non intervento fino al punto di non avvisare gli autori dei miei giorni. E mentre io morivo, li guardavo guardarmi attentamente.
Poco dopo, non ebbi più la forza di muovere gli arti e mi lasciai affondare. Il mio corpo scivolò sotto i flutti. Sapevo che quei momenti erano gli ultimi della mia vita e non volevo perderli: cercai di aprire gli occhi e rimasi meravigliata da quello che vidi. La luce del sole non era mai stata così bella come attraverso le profondità del mare. Il movimento dell’acqua propagava onde scintillanti.
Dimenticai di aver paura della morte. Mi sembrò di stare lì per ore.
— Amélie Nothomb, Metafisica dei tubi
Quindi imparai che i nomi non costituiscono conoscenza. C'è da dire che la cosa mi ha creato un certo numero di problemi, visto che mi rifiuto di imparare i nomi delle cose. Quindi quando qualcuno viene da me e dice "Hai nessuna spiegazione sull'Esperimento Fitch-Cronin?", io rispondo "Su cosa, scusa?"
E lui dice, "Dai, quel vecchio mesone K che si disintegra in due pi greco!".
"Ah ok, si, certo!".
Non so mai il nome delle cose. Quello che mio padre si dimenticò di dirmi è che sapere il nome delle cose è utile se vuoi parlare con qualcun altro - così gli puoi dire di cosa stai parlando!
— Richard Feynman, Take the world from another point of view