Benvenutə al centonovesimo appuntamento di Fantastico!
Incredibile ma vero, tra incendi, alluvioni, Grafica Veneta e Renzi che dice apertamente di voler riaffermare l’idea che la gente debba soffrire, siamo di nuovo qui a comprare banchi per le scuole. C’è una certa ciclicità nel fare cazzate, e sapete di chi è la colpa di tutto questo? Inizia per C, ma non è Carlo Conti. O forse sì.
Per fortuna tra Simone Biles e il discorso delle neolaureate della Normale di Pisa sta emergendo la santa cosa che successo e profitto non siano tutto e che la retorica dell’eccellenza e della competizione sia quanto mai malsana.
Veniamo a noi. Risponde alle nostre domande Claudia Ska: fondatrice del sito agit-porn, centro di agitazione permanente che a livello etimologico risponde subito alle curiosità dei più. Gioca apertamente con la locuzione “agit-prop”, la sezione per l’agitazione e la propaganda nei comitati del partito comunista sovietico.
La finalità di agit-porn è di eccitare gli animi con idee o saperi nuovi, altri, collocandosi nel dibattito su pornografia, erotismo, sessualità, autodeterminazione, femminismo, censura, corpi, studi di genere.
3 domande a Claudia Ska
Che cos'è per te il corpo?
Per me il corpo non è altro che il segno tangibile del nostro esistere. Non gli attribuisco un valore diverso da questo. Non penso che i corpi siano preziosi, speciali o belli in quanto corpi, penso semplicemente che siano. In quanto espressione della nostra esperienza sulla Terra li considero elementi naturali, perfettamente inseriti nel contesto ambientale, diciamo, e mi dispiaccio che vengano strumentalizzati per limitare la libertà delle persone come singole e come collettività. Adoro una frase che il mio insegnante di teatro, Kuniaki Ida, ripeteva spesso: «Il corpo non mente». Ci penso spesso e la trovo vera, esaustiva, plausibile. Il corpo trova sempre modo di esprimere quello che si ha dentro, in mente. Secondo me è pazzesco che le nostre emozioni e i nostri pensieri, in generale tutto ciò che afferisce all'ambito dell'intelletto, possa trovare una via per esprimersi attraverso il gesto volontario o meno che sia. Penso al batticuore quando siamo particolarmente emozionatə, al mal di stomaco quando siamo di malumore, agli attacchi di panico quando siamo sotto stress. Tutto ciò che è psicosomatico mi affascina. I corpi sono le persone. Non siamo solo corpo o solo mente, anima. Le persone sono tutto questo, per tale ragione mi lascia spesso perplessa come si parla di corpi, come se fossero un “a parte” della persona. Se non avessi il corpo non potrei esprimere quello che ho in testa. Se non avessi una mente, un'anima o qualunque cosa sia, quel corpo non vivrebbe.
Ora, dopo un anno e passa di pandemia, è cambiato qualcosa?
Mi verrebbe da dire che è cambiato tutto per non cambiare niente. La retorica degli striscioni con gli arcobaleni recitava che tutto sarebbe andato bene, ma a me è parso che ci siamo mostratə e mostrificatə in maniera preponderante rispetto a prima della pandemia da Coronavirus. Ho l'impressione che, più a essere interessatə a uscirne bene o quantomeno nel miglior modo possibile in senso etico, abbiamo investito gran parte delle nostre forze nel tentativo di mostrare di stare facendo il possibile per uscirne bene, che è diverso. Tra videoconferenze, dirette social, reel, eventi on-line e via discorrendo, abbiamo rafforzato e amplificato la nostra presenza on-line, moltiplicato il nostro corpo e aspetto grazie ai filtri.
In generale penso che sia necessario tornare a fare schifo.
Accogliere la bruttezza, non per sciatteria, ma perché siamo ossessionatə dai concetti di bellezza e apparenza. Nella mia bio sul sito di agit-porn parlo di mediocrità intesa come aurea mediocritas, ossia la capacità di stare nel mezzo non come posizione di comodo o di mediocrità, come viene intesa oggi, quanto più per essere libera di spaziare tra gli estremi e anche gli eccessi, se vogliamo. L'aurea mediocritas invita al giusto mezzo, io la faccio mia come spazio vitale per ragionare e capire che direzione prendere. Per ritornare a noi, ai corpi in epoca di Coronavirus, rilevo una sorta di paradosso: miliardi di corpi che tentano di somigliarsi fra loro, anziché distinguersi l'uno dall'altro, ma che nel contempo anelano all'unicità.
La tua rivoluzione del corpo e del porno come nasce? Ha un'origine istintiva o è frutto di una riflessione più profonda, intellettuale?
Non so se ho capito il senso della domanda, ma provo a rispondere. Non vi è alcuna rivoluzione, piuttosto insofferenza e frustrazione. Ho sempre sentito molto il mio corpo, per curiosità, vanità. Come dicevo prima, mi dava la misura del mio esserci ed essere vista. Mi piace essere vista, percepita, anche se magari la percezione che si avrà di me sarà diversa da quella desiderata o ipotizzata. Il mio corpo, come quello di chiunque, è sede dell'Eros, di una forza vitale, concreta, potente e non riesco a vedere come pregiudizievoli i miei desideri erotici, che si concretizzano nel gesto o semplicemente nell'espressione: nel primo caso - il gesto - penso a un atteggiamento seduttivo, nel secondo - l'espressione - a una reazione come quella di bagnarmi se sono arrapata, per esempio. Il mio interesse per la sessualità e poi per il porno è la conseguenza di un interesse al mio desiderio erotico. Provavo delle sensazioni che mi procuravano piacere e al contempo mi turbavano perché non sapevo quale fosse la fonte, come controllarle e come incanalarle. A tutto ciò si sommava una percezione esterna, che mi arrivava dalla società. Come si parla e mostra il corpo, come si parla e mostra il sesso. C'era qualcosa di ripugnante e affascinante e io volevo trovare una sintesi, che ovviamente non sto affatto trovando, ma non è importante, perché le contraddizioni e le mistificazioni sono estremamente interessanti. La cultura, l'intellettualismo, le sovrastrutture mi incuriosiscono ma sto sforzandomi di imbestialirmi. Più si vuole parlare in termini dogmatici per contrapporsi a vecchi dogmi e più rivendico la bestialità, la crudezza. Credo che quello che sarebbe potuta essere una bellissima fioritura positiva della sessualità, si sia trasformata o si stia trasformando in un nuovo giogo dove per fare sesso ed esprimere il nostro desiderio ci appelliamo a un bon ton che strizza l'occhio alla perversione per dirsi emancipato. E siccome la dicotomia "bene/male" purtroppo resiste nelle nostre narrazioni, ti cito O' Zulù dei 99 Posse quando si chiedeva: «Chi tutela il male quando il bene si prepara ad ammazzare?» Io non voglio nessunə che mi tuteli ipocritamente per controllarmi, io voglio avere margine di manovra e non aspetterò che mi venga consegnato, riconosciuto, lo creerò con le mie forze, pur piccolo che sia.
Insofferenza e frustrazione, ma anche rabbia, un’emozione universale che però non tuttə hanno il privilegio di poter mostrare apertamente: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.» Così scriveva George Orwell ne La fattoria degli animali e Alessia Dulbecco, nell’articolo che segue, ci spiega meglio come funziona lo stereotipo di genere applicato alla rabbia.
La rabbia e il genere
È divenuto celebre l’esperimento del 1976 in cui gli studiosi Will, Self e Datan hanno deliberatamente occultato il genere di un/a bambino/a allo scopo di osservare le reazioni degli adulti. È emerso come i pareri dei genitori cambiassero a seconda che ritenessero di avere a che fare con un bambino o una bambina. Se si agitava, infatti, veniva considerato “arrabbiato” da chi riteneva di aver davanti un maschio, oppure “triste” o “impaurita” da parte di chi pensava di avere a che fare con una femmina. Se gli adulti sono mossi da questo pregiudizio di fondo, è facile capire perché l’educazione alle emozioni coinvolga in modo diverso bambine e bambini. Grazie alle ricerche (in particolare quella di Anzar e Tenenbaum, del 2014) sappiamo che i genitori tendono a parlare di emozioni molto più facilmente con le figlie, ad eccezione della rabbia e dei sentimenti negativi.
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- di Alessia Dulbecco
In chiusura vi lasciamo con un brano inedito, inviatoci qualche tempo fa e che finalmente trova la giusta collocazione in questo numero di fine luglio, tra grandine, fiamme e rabbia: «un luglio senza saper più respirare. Un luglio di suppliche e dolore.»
Da consegnare
Il sogno d’amore varcò i confini del teatro, scese dal palcoscenico e invase Verona. Invase casa mia, la sua auto, il Lungadige in più punti. Invase la notte. Sulle note di una canzone cretina e un po’ banale, ma che faceva ballare le nostre anime. Io le vedevo, in alto, ritrovarsi nell’universo e intrecciarsi. E quaggiù, imbranata e inesperta, non sapevo cosa fare.
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- di ottoasterischi
Rumore nei corridoi di facoltà, studenti in marcia da un’aula all’altra, la lingua batte dove il dente manca, diretti al bar, in biblioteca, al centro fotocopie, e nessun posto in cui trovare un senso. Studenti, studentesse, quando avrebbero potuto essere ragazze e ragazzi. Pazzesco che continuassero a iscriversi. Il premio per non trovare lavoro era imparare a essere servili. D’accordo professore. La prego professore. Il poco che imparavano lo perdevano negli anni in cui elemosinavano un posto da baristi.
- Nicola Lagioia, La ferocia
Un numero tosto per una settimana tosta, ma bere tanta acqua, frutta e verdura, non uscire nelle ore più calde, non bastano per affrontare l’estate se non ci metti anche un po’ di Fantastico! Studio Aperto aggiornati.