Benvenutə al centoventesimo appuntamento di Fantastico!
Io sono Gabriele e, come avrete notato, da alcune settimane abbiamo ricominciato a fare nomi e cognomi. Continuiamo però a lavorare col favore delle tenebre, e con nessun altro tipo di favore.
Questa modalità di invio più dilazionata mi ha buttato in faccia la dura realtà: non si può star dietro a tutto e le cose arrivano, si impongono e se ne vanno come se nulla fosse nel giro di qualche meme. Sono successe e si sono accumulate tantissime cose che avrei tranquillamente messo in newsletter, ma che ora son già vecchie.
Forse è meglio così, forse è giusto non riuscire a star dietro a tutto, se poi questo tutto è composto da dentisti col braccio in silicone ospiti da Giletti.
Per fortuna, in mezzo a questo marasma di geni della truffa, c’è anche una grande notizia: Patrick Zaki è stato finalmente scarcerato, anche se resta sotto accusa. Non avrà trascorso la vita a Roma Nord come Pietro Castellitto, ma non se l’è passata sicuramente bene in questi 22 mesi. Incrociamo le dita.
Veniamo a noi. Torna a trovarci dopo un anno Marta, e lo fa con un pezzo pubblicato in una raccolta di scritti sulla Teoria del Novacene. Teoria che le ha fatto storcere un po' il naso.
Ora capisco il dischiudersi dei fiori
Sento non molto lontano la voce dell’autobus ripetere il capolinea, una destinazione che durante il tragitto sembra aver paura di dimenticare. Eppure quell’ammasso di ferraglia scivola lungo la strada, trasportato dai fili che, tesi sopra di lui, gli indicano il percorso, lo guidano, facilitando quel difficile compito che è la scelta, non solo per lui, ma anche per la moltitudine che esso trasporta. Ignari del movimento, i pensieri della moltitudine si placano e stagnano durante il percorso che qualcun altro (o qualcos’altro) decide per loro. Il percorso o i pensieri?
Gli occhi vagano fuori dal finestrino, guardando paesaggi che paiono scenografie scivolate dalle quinte per non annoiare lo spettatore. Sento la signora accanto a me ripetere la lista della spesa: ‘No i broccoli non è stagione, e poi li ho mangiati due giorni fa, piuttosto manca il cibo per il gatto’. La ragazza seduta due sedili più in là, apre una finestra e fa vedere a tutti una foto in cui effettivamente è venuta particolarmente carina, e compiaciuta, rimane in attesa di approvazione. ‘Siamo tutti sullo stesso autobus!’ asserisce il signore appena entrato. Anche lui rimane in attesa di approvazione.
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- di Marta Trombini
Luca è un nostro cliente abituale e la sua passione per il tennis lo ha portato a scrivere un pezzo che neanche Andre Agassi.
Una domenica parigina qualunque
È una domenica qualunque di novembre, lenta e fredda. Qualunque per me, alle pendici di un monte a 1300 metri sul livello del mare. Un pelo meno qualunque per due umani che a migliaia di chilometri da qui, in terre francesi, si stanno rimpallando a vicenda una pallina gialla, grande come uno di quei pomi antichi e poco pregiati, a velocità proibitive.
Che sport anomalo il tennis se preso nella sua banalità: due persone si trovano separate da una rete, su una superficie variabile, e cercano di non far prendere la sfera all’avversario. L’unico modo per mandare la sfera nell’altro campo? Un’estensione corporea di carbonio di diversi centimetri, leggerissima. Non si fa altro che sventagliare questo attrezzo, che con le sue corde urta una sfera pelosa gialla di nylon. Estensioni corporee di carbonio che oggi, con l’atletismo di certi umani, somigliano sempre più a moderni trabucchi da guerra o fionde raffinatissime, capaci di variare angolazioni e traiettorie anche solo di pochi millimetri.
Continua il racconto.
- di Luca Vanelli
Prima regola di Substack, mai parlare di Substack. Quel monello di Chuck Palahniuk userà proprio questa piattaforma che tanto ci fa divertire per far uscire a puntate “Greener Pastures”, il suo prossimo romanzo. Per leggerlo bisognerà pagare sei dollari al mese o 40 in un anno. Lo scrittore ospiterà anche lezioni di stile, riflessioni e pagine di aneddoti personali, oltre ai racconti degli allievi dei suoi corsi di scrittura. Beh, che dire.
C’è qualcosa di molto sbagliato in quello che abbiamo fatto di noi stessi. Siamo diventati una civiltà basata sul lavoro: nemmeno poi «lavoro produttivo», ma lavoro come fine e significato in sé. Siamo arrivati al punto di credere che uomini e donne che non lavorano quanto dovrebbero o che sono impegnate in occupazioni che non amano particolarmente siano cattive persone, che non meritano amore, cura o assistenza da parte della comunità. È come se avessimo collettivamente acconsentito al nostro stesso asservimento. Quando ci rendiamo conto che per la metà del tempo siamo impegnati in attività del tutto prive di significato o perfino controproducenti – in genere agli ordini di una persona che non ci piace –, la prima reazione politica consiste nel ribollire di risentimento perché altre persone potrebbero non essere cadute nella medesima trappola. Di conseguenza odio, rancore e sospetto sono diventati il collante che tiene assieme la società. È una situazione disastrosa, che mi auguro possa finire.
- David Graeber, Bullshit Jobs
Stavo pensando di imitare quel deputato cileno che ha parlato 15 ore filate per far approvare l’impeachment del presidente, ma credo di non dovermi dilungare troppo così da lasciarvi alle vostre vite e al vostro gelato.
Prima di chiudere però un’ultima cosa: Fantastico! #6 is coming to town. Potete pre-ordinare il nuovo numero della rivista proprio qui. Fate e fatevi un regalo.
Buon weekend!