Benvenuti a un nuovo numero di Fantastico!, questa è la nostra Superlega:
A quanto pare è durata meno di un vassoio di panzerottini durante un buffet (ve li ricordate i buffet?); una cosa che, invece, durerà ancora a lungo, è il nostro amore per le parole e per Vera Gheno.
Potere alle parole
Vera Gheno è una traduttrice e sociolinguista specializzata in comunicazione digitale. Insegna all’Università di Firenze, collabora con la casa editrice Zanichelli, scrive valanghe di post e di libri illuminanti. Qui ci parla della potenza delle parole e dell’importanza del silenzio, di «Femminili Singolari» e di impacchi all’henné.
«Ognuno di noi è le parole che sceglie: conoscerne il significato e saperle usare nel modo giusto e al momento giusto ci dà un potere enorme, forse il più grande di tutti.»
Rubo le parole dalla quarta di copertina del tuo ultimo libro, «Potere alle parole», per chiederti: Come si selezionano le parole adatte a raccontare le cose?
Io mi affido a tre coordinate, se così vogliamo chiamarle: il contesto, gli interlocutori e l’intenzione comunicativa. Sono le domande che mi faccio tutte le volte che devo usare le parole, e mi aiutano a non sbagliare parole - o meglio, riducono la possibilità di fare errori gravi. Dopodiché non mi illudo che esista un modo ideale di comunicare, ma almeno ci provo.
Ricordi il momento in cui hai trovato le parole giuste per descriverti?
Mica l’ho trovato! Diciamo che a un certo punto mi sono detta: «Ok, posso dirmi sociolinguista», e questo aver trovato un’etichetta professionale mi ha aiutata a “centrarmi”. Ma sono in perenne ricerca, come credo la maggior parte di noi. Il nickname “A wandering sociolinguist”, la sociolinguista errante, in fondo fa riferimento anche a una mia condizione esistenziale, a tutt’oggi abbastanza irrisolta (ma non infelice, alla fin fine).
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- di Ilenia Adornato
La sentite l’atmosfera estiva? Quel fuggire dalla polizia perché sono già le 22:05 del 4 agosto? Noi no, ma speriamo di sentirla presto. Una delle nostre autrici preferite ci fa vivere attimi d’estate con un po’ d’anticipo e noi siamo solo contenti.
Almeno quest’estate, verrai?
Verrai, Paola, verrai?
Questa vista è troppo bella per non scriverci un romanzetto. L’aria è troppo densa, troppo gialla per lasciare crollare nei nostri lavandini del piano di sotto, quelli delle taverne/lavanderie, le nostre lunghe conversazioni passate. E le foto ancora appiccicate con il patafix a quel mobile da salotto che però ti fa da camera mi fanno ben sperare - non ci siamo ancora dimenticate.
Questo il biglietto abbandonato sulla poltrona elefantina, rugosa ed anziana, queste le parole con cui sembri dirmi torniamo indietro e alla fine i giorni si allungano e noi perdiamo le tracce persino delle nostre ombre.
Vorremmo fare tante cose, abbiamo i soldi per farne pochissime e gli amici sbagliati.
Le persone interessanti come Vittoria hanno di meglio a cui pensare che ai tempi di quando andavano al parco a chiacchierare, con i piedi sopra la gomma delle altalene; sono impegnate in shooting fotografici presso il vicino di casa che ha fatto del garage un Vittoriale se possibile ancor più pacchiano e politico dell’originale. Ci siamo emozionate mai una volta tra le cianfrusaglie in un sabato pomeriggio di ricognizione? Alla ricerca del piano migliore per la serata, siamo finite a contare le ortiche. A correre in mezzo alle ortiche. A bestemmiarle. Non abbiamo fatto foto da condividere con nessuno, non si mostrano le sventure e se si mostrano, si corredano con una morale.
Continua col racconto
- di Valentina F.
La nostra memoria non funziona così bene se poi commettiamo sempre gli stessi errori, come mosche che sbattono in continuazione sul vetro o Grilli che dicono in continuazione cazzate; per rinfrescarci la memoria ecco un pezzo del buon Bebo estratto dal primo numero della rivista: l’inizio dell’avventura cartacea di Fantastico!
Sarà fantastico
Ho di nuovo sedici e sono in camera mia, nella casa dei miei genitori. La libreria a ponte sulla scrivania dove ho il computer fisso, un Windows scalcagnato. Apro un file di testo mentre nelle cuffie passa una playlist di musica scaricata con Emule: sicuramente sto ascoltando i Korn o forse i RATM, forse. Non lo so e mi sembra il futuro.
Comincio a scrivere e arrivo fino a qui, ad ora, al momento in cui qualcuno sta leggendo queste righe in casa propria o per strada o chissà dove. Centinaia, migliaia di chilometri da quella stanza e da quel sedicenne che, per l’ennesima volta, apriva un file di testo per metterci dentro delle parole che non sarebbero finite da nessuna parte. Una ritualità che è rimasta così senza cambiare, attraversando gli umori bassi, le solitudini autoimposte, i trasferimenti, le sveglie presto e tutte le sfortune che l’esistenza presenta. Questi file di testo vuoti hanno ospitato per due decenni ogni sorta di pianto disperato e rabbia, fino a quando tutto è cambiato: dentro e fuori le mie stanze.
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- di Alberto bebo Guidetti
Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano. Mi pare di aver fatto meglio questo che quello.
- Beppe Fenoglio, I 23 giorni della città di Alba
Come direbbero i Looney Tunes, That's all folks. A sabato prossimo, altri colori, altra corsa. Buon weekend e buon 25 aprile!