Mi parli quasi in rima, la tua cadenza quella dei fruttivendoli al mercato del sole; mi inviti a guardare, toccare, scegliere. I tuoi consigli di questi giorni assomigliano ad una filastrocca sul consumismo; vai lo stesso fuori a mangiare, domani un aperitivo, la mattina accompagno la nonna al centro commerciale, verso sera mi faccio vivo.
Io non so come farmi viva, dove nascondermi e respirare lentamente senza temere un attacco cardiaco. O smettere di guardare il TG o i tuoi occhi sicuri, il tuo bagaglio potenzialmente esplosivo appoggiato alle 19 sul pianerottolo si aspetta che gli apra e gli dia un bacio. Che gli mostri il mio rossetto nuovo; il corriere ha fatto quattro piani di scale per portarmelo e lo ha lanciato sul tappeto, ma dall’alto, come un bimbo desideroso di far vedere a tutta la famiglia quanta forza sappia mettere nel rompere l’ultimo giocattolo della sorella.
Ha fatto bene, Paolo, cosa me ne faccio del rossetto se sto sempre in casa? Aiuti l’Italia a non soccombere.
Ah.
Dalla mia finestra non vedo alcun Paese, solo qualche appartamento con le tapparelle abbassate a metà, qualche ragazzo impegnato nel workout da salotto; il telefonino appoggiato di schiena al televisore, lui a sollevare bottiglie da due litri. Formichine a portare un decimo del loro peso, comunque eroi.
Alla fine litighiamo perché io non ho voglia di uscire a prendere un Campari nell’unico bar rimasto aperto, dove la polizia non passa ed inizio una perifrasi lunghissima su quanto odio i miei capelli dalla terza media e quanto questo sia un periodo tragico per tutte quelle donne abituate a farsi la piega ogni settimana. La paura di morire brutte e tutto il resto, o salvarsi e dovere uscire per andare a lavoro ma con il parrucchiere chiuso, capito come?
Quando finisco di parlare mi dici solo Hai ragione, fanno schifo.
Vez, vaffanculo.