L’edificio era fronte strada, vicino al semaforo dell’incrocio. Lo stabile era vecchio e al piano terra, angolo destro, c’era il negozio. Consisteva in una stanza piuttosto piccola, con una finestrella vicino alla porta. Aprivi la porticina ed era come attraversare un portale dimensionale, fuori il traffico, la vita ordinaria e dentro un altro mondo. Ai lati della porta si trovavano due cilindri di acqua azzurrata pieni di bollicine in continua risalita dalla base, in un angolo la palla stroboscopica, un paio di scalini verso il basso, uno spazio piuttosto pieno, a sinistra della porta il bancone sotto la finestrella. L’aria era satura di fumo che nella penombra della stanza con il soffitto basso creava un effetto nebbiolina. Tutto rigorosamente nero, pavimenti, pareti, contenitori, solo sulla parete dietro al bancone c’era del colore dato da dei poster. Sul soffitto qualche faretto ad illuminare i contenitori distribuiti sui lati della stanza e nell’isola centrale, sul pavimento solo lo spazio per scivolare tra gli scaffali. Nei contenitori vinili di ogni tipo e genere musicale, tutti rigorosamente chiusi con le loro buste di plastica e separati per generi, indicati da dei cartoncini beige ingialliti scritti a mano. Immagino che al bancone ci potesse essere anche un giradischi. Il cliente poteva scivolare tra le ceste in autonomia oppure chiedere al titolare qualcosa di specifico. Lui era un vero personaggio, non molto alto, fisico asciutto, sempre abbronzatissimo, capelli pochi e tenuti lunghi, viso segnato che non era vecchio ma lo sembrava, voce roca probabilmente dovuta alla quantità spropositata di sigarette che fumava. C’era sempre un sottofondo musicale soffuso. Sembrava davvero di oltrepassare una soglia invisibile e ritrovarsi in un altro mondo, o almeno lo vivevo così perché ero piccola. Quel negozio era davvero incredibile, peccato essere stata bambina in quel periodo, fossi stata adolescente avrei potuto prenderci residenza.
E tutto questo perché? Perché un salto indietro di più di vent’anni?
Perché mi sono fatta soffiare come una cretina “La voce del padrone” di Franco Battiato. Sono sicura che in qualche modo sia stato quel disco a chiamarmi ieri nel seminterrato del negozio (un altro, quello purtroppo non c’è più) e a farmi accucciare per terra su quella cassetta nello spazio del sottoscala. Scorro le copertine e salta fuori lui, in ottime condizioni estetiche, copertina un po’ sbiadita dal tempo ma integra anche negli angolini. Lo tiro su e lo guardo bene, lo giro, lo osservo e poi lo riappoggio perché è scomodo scorrere i dischi con una mano sola. Tanto ci siamo solo io ed un altro tipo che sta cercando qualcosa nella sezione heavy-metal. E scorro, copertina dopo copertina, ogni cesto di dischi. Un altro bellissimo disco dei Rolling Stone, doppio, apertura a libro, esteticamente anche questo in buono stato. Un cartellino del negozio però avvisa che i dischi non imbustati ed etichettati non sono stati controllati quindi potrebbero non essere in buone condizioni. E continuo a scorrere sempre sentendo Battiato in quella cassetta per terra che mi chiama.
Franco, finisco questa cassetta e arrivo...ecco appunto! Arriva una ragazza, si accuccia sulla cassetta - no, no, non quella...no... - e 3,2,1
“Guarda, quello che era introvabile! Non ci posso credere...” e se ne va con Franco sotto braccio.
Un fulmine mi colpisce in pieno, come nei fumetti. Mi sto mentalmente schiaffeggiando fortissimo. Delusa ed affranta abbandono lo scorrimento dell’ultimo cesto e me ne vado.
Continuerò a pensarci per un bel po’, che occasione persa e davvero da cretina... In un angolo della testa si alza una vocina - dai, se costava 5 € sarà sicuramente stato rovinato - si va beh...
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