I pesci stanno bene
Ho rivisto un collega che mi ha detto di salutarti, ho fatto spallucce, da dietro la mascherina, Non lo sento da mesi, Ma come eravate così amici, Eh lo so ma sai il lavoro, la vita, tante cose cui star dietro, tu piuttosto che mi dici che sei al secondo?, Eh mamma mia crescono con una rapidità, Non me lo dire, mi sembra ieri che aveva un piedino così piccino da starmi nel palmo e poi crescono e si schiantano col motorino, L’altro giorno ne ho fatto uno, quindici anni, la mamma non si poteva vedere, stavo male io per lei, Lascia perdere che io ultimamente mi becco solo terminali, corpi devastati, volti irriconoscibili, Eh brutta roba, brutta brutta, ma poi esiste un buon modo per crepare?, Oh scappo che mi chiamano, salutamelo se lo vedi.
Finito di lavorare esco velocemente dalla mortuaria, esco e mi trovo davanti il carro della tua ditta. Mi fermo, faccio per tornare dentro, pensando che magari ti hanno spedito fino a Milano per fare un trasferimento e che forse non ci siamo incrociati per un soffio, poi mi fermo di nuovo. Il cuore come un martello nelle orecchie, sudo, le ginocchia che tremano. Possibile? Possibile che ho appena aspirato sangue e vomito senza fare una piega e poi l’eventualità che tu possa essere nei paraggi mi schiaccia così?
No, no, io quelle scale non le scendo più. Potresti essere ovunque, ma il solo pensiero già mi ammazza. No, col cazzo, io quelle scale non le scendo, mi volto nuovamente e con passo svelto, sotto il sole, sotto il peso delle borse, sotto i 38º gradi di questa estate di merda, mi dirigo verso l’ingresso dell’ospedale e so che ci vorranno anche 20 minuti a piedi, ma non ho intenzione di restare in zona mortuaria un secondo di più. Non ti voglio vedere, non voglio sapere nulla. Chiamo il taxi, mentre corro verso l’uscita. Butto le borse nel bagagliaio e mi lascio portare via. Con la testa ciondoloni. I capelli incollati alla fronte e la solita faccia incazzata. Se solo sorridessi di più. Vero? Eh lo so, fosse semplice.
L’aria condizionata a manetta, mi fa male la gola, il tassista ha voglia di parlare, io abbozzo qualche frase, ma devo essere poco convincente perché poco dopo sembra desistere e accende la radio. Però gli prende la fregola del commentare le notizie:
Eh pure questi che vanno a morire in mare.
[Meno male che sono scappata via. Non voglio rivederti, non voglio sapere più nulla.]
Ma le pare che uno scappa e annega così in mare? Non lo fanno un corso per imparare a nuotare?
Mi scusi?
Dicevo, le pare che uno scappa, annega e non sa nemmeno nuotare?
Per annegare basta niente, anche una bacinella d’acqua.
Sì, ma il punto è che questi pagano per andare a morire in mare, non ha senso!
Pagano per la traversata, che il più delle volte si trasforma in una tragedia.
Tragedia, insomma, se finiscono a mare non arrivano qui.
Lei dice?
Eh sì, glielo dico io.
Io penso che invece morendo in mare, sono arrivati in qualche modo anche qui: perché il pesce che noi mangiamo viene da lì, dal mare, e tutti quei corpi la natura li smantella in fretta. Se li mangiano i pesci, lo sa? Quelli che poi peschiamo e mangiamo. L’invasione è già cominciata, sono già dentro di noi.
Tace e mi guarda truce dallo specchietto.
Ha mai visto un annegato?
Tace.
Intendo un cadavere di una persona affogata.
No, mai visto nessun morto finora.
Male, male. Così è troppo facile parlare, vuole venire con me una volta in mortuaria a sistemare un cadavere? Mi fa piacere avere un aiutante.
Per questo la valigetta?
Sì, per questo.
Io non lo voglio vedere un morto.
Questo posso capirlo. Ma assicuro che la gente parlerebbe meno e ascolterebbe di più, se imparasse a dare dignità ai morti, oltre che ai vivi.
Sono 17,50€ vuole la fattura?
Sì, grazie.
Scendo, prendo le borse e smadonno per aprire il portone, ci mancava pure il tassista ciarliero - che poi tutte le stronzate che ha detto avresti potuto benissimo dirle tu e ti avrei spiegato con pazienza, e in un altro modo, lo stesso concetto. Volevo solo stare col culo sul taxi e guardare Milano passare, vedere il cimitero, il parco, il verde, i bambini, gli anziani curvi sui bastoni, volevo solo guardare il mondo scorrere davanti agli occhi e nella mia testa vivere di riflessi, di sogni, di un calore conosciuto con la forma della tua mano. Volevo solo il silenzio. Invece mi è toccato disquisire col tassista. Chissà se avrà capito qualcosa.
E non voglio rivederti, non voglio sapere cosa fai, dove vai, con chi sei. Mi basta sapere che stai bene, che sei felice così.
Mi basta questo, ma mi spiacerebbe se ti succedesse qualcosa e io non lo venissi a sapere. Mi preoccupa sapere che fumi troppo, bevi tanto, che hai la tosse e non ti curi, che lavori duramente, mi preoccupa sapere che sei come me, là fuori, distante centinaia di km e che forse non si prendono abbastanza cura di te. Che forse salti il pranzo perché lavori troppo. Che ascolti la musica per salvarti e che forse non ci basterà. Che non ci sembrerà mai abbastanza e la notte, insonni, meno male che ci chiamano per lavoro, così abbiamo una scusa per sgattaiolare fuori da quei tiepidi letti dove non sappiamo stare. Per uscire fuori alle 4.00 del mattino e fumarsi una sigaretta prima di cominciare a lavorare - Condoglianze.
Mi preoccupa sapere che se ti succedesse qualcosa io sarei probabilmente l’ultima a venirlo a sapere, perché io non esisto, non sono nessuno. E lo stesso sarebbe per te se capitasse qualcosa a me. Penso che non potrei correre da te, come invece vorrei fare. E se anche corressi, arriverei sempre troppo tardi, o comunque una volta arrivata non saprei come presentarmi. Cosa potrei dire? Cosa potrei inventare?
Mi ricordo della tua preoccupazione per la strada ghiacciata e il mio testardo girare in bici, e purtroppo mi ricordo anche la mia risposta: “Non ti devi preoccupare per me, tanto io non sono cosa tua, e mai lo sarò”. Quelle risposte che mannaggia a me, però sappiamo benissimo entrambi che, tornassi indietro, direi la stessa identica frase. Tu tornassi indietro non diresti nulla, ancora e ancora.
È un loop temporale.
È che fa troppo caldo e la gente muore in mare, è che non sappiamo più cosa sia il rispetto per la dignità umana - e il cingalese con le rose ci dà noia.
Do da mangiare ai pesci nell’acquario. Appena il mangime cade sulla superficie dell’acqua salgono su con la bocca già aperta.
Tutto sommato anche i pesci stanno bene.