Il balcone
1
Pare una pera bitorzoluta alla finestra
stagliata contro la luce smorzata
che filtra da sotto il tendone aperto
Messa lì a cuocere al fuoco lento del sole
che scioglie il suo tuorlo sul tessuto sbiadito.
Pare un sacco dell’indifferenziata rinforzato
usato per gettarci dentro gatti in calore
che disturbano il vicinato
La somma di arti e corpi battuti vanno a comporre
il suo gibboso profilo.
Corpo di Dea Madre abiurata
ventre rigonfio, seno assottigliato, decaduto
Forma di rombo tracciato a mano libera
fianchi bassi, slabbrati.
Senza vestiti
Niente prendisole per sopportare l’umidità
Niente grembiule usato per le pulizie mattutine.
Nuda.
Il petto premuto contro il davanzale.
Parla con una donna che passava di sotto.
Urla per farsi sentire.
La sento anche io.
Mi giro.
È mia nonna.
Pare una svista
occhi aperti
occhi chiusi
Sparita.
Sono dalla parte opposta del corridoio
appena uscito dalla cucina
La prospettiva amplifica la sua figura sgraziata.
Faccio come se non avessi visto nulla.
Devo fare evolvere Charmender.
Le batterie del game boy si stanno scaricando.
Non voglio fare i compiti estivi.
E nemmeno mi domando
se ciò che ho visto ha attecchito
per poi riprodursi negli anni a venire
Sono troppo impegnato ad aggrapparmi all’infanzia
per figurare i possibili sviluppi
sui rapporti che andrò a instaurare, evitare
sull’affetto che deciderò di concedere o meno
Per il momento mi basta eseguire semplici comandi
A e B, codice binario
Quattro direzioni basiche, senza nessuna svolta improvvisa.
Intermezzo
Attacca a grandinare.
Scende come polistirolo sgranato rimbalzando sordo contro l’asfalto.
Residuo delle tempeste che sfiancano le coste dell’isola.
Un’eco della bufera che non ti ha mai raggiunto.
E tu che rimani lì, a provare le cose solo a metà.
2
Resta l’estate
Cala la sera
La temperatura sospira ovvietà
sopra un tavolo di plastica imbandito sul balcone
per cinque persone.
Mia nonna fa avanti e indietro dalla cucina.
Passa un’ora tra una portata e l’altra.
Il dolce l’abbiamo finito, bevuto è il caffè.
Mia madre è nella camera dove è cresciuta
fissa foto ingiallite
a guardarla da dietro, le spalle fanno su e giù
puntini di sospensione.
Mio padre e mio nonno sono in sala a guardare la televisione
la finestra è spalancata
loro riversi sul divano, la carne esposta su cui banchettano le zanzare.
Mia nonna è davanti al frigorifero
un braccio appeso allo sportello aperto
la schiena ricurva che sporge a nord-est
testimonianza del fallimento della chiropratica
l’altra mano stretta al collo di una bottiglia di bianco.
Reclina la testa per quanto le è possibile
ingolla buone sorsate.
E di vino ne sa poco
biascica quando parla
e non sai se è l’età che sottrae
o il vino che si mescola al sangue.
Travasa il tavernello
in bottiglie di vetro usate
per fare bella figura con gli ospiti.
Inguatta le prove
e risparmia pochi soldi di una pensione che non è mai abbastanza.
Continua a bere
Illuminata dalla fredda luce.
Io la guardo.
Lei non mi vede.
3
Fa freddo ora.
Appollaiato su questa ringhiera scrostata
Le vene umide esposte
Ricettori sguarniti
Come questo balcone
Ora senza tavolo e sedie
Senza la tenda abbassata
Senza nessun piatto servito
Senza mia nonna che annaffia i suoi amati fiori
Che non sono più.
Mia nonna ora mi guarda fumare
dalla finestra della cucina
Il suo unico nipote maschio.
Il nipote preferito.
Mia nonna che deve alzare lo sguardo per vedermi tutto.
Piegata com’è misura dieci centimetri in meno
Così che io posso misurare i miei anni
In base alla curvatura presa dalla sua schiena.
Dell’infanzia felice non è rimasto altro che il distrarsi con giochi di poco conto
il resto lasciato indietro
recalcitrato sotto i mobili delle stanze dove sono cresciuto
sostituito dalla violenza della grande città
e dal fascino di una banale idea di abisso
che i ricordi lascia incancrenire
e il senso di ciò che è perduto
proliferare.
Fa freddo adesso.
Mia nonna è così lontana dietro quel vetro.
Fa freddo su questo balcone
Sembra così piccolo ora
Basterebbe un niente per buttarsi di sotto.
Invece, prendo a scrivere.
Chiusura
Nonostante questo gelo che strattona
continuo a scrivere
Nonostante la schiena a pezzi, il girello, lo spoglio balcone
tu continui a cucinare
Nonostante le bevute a collo accumulate
continuo a scrivere
Nonostante la pensiero di vedova perduta, il matrimonio in terza età
tu continui a pregare
Nonostante l’ostinato procrastinare con un telefono in mano
continuo a scrivere
Nonostante insieme biascichiamo parole e stentiamo a farci capire
tendiamo alla vita
Direzioni diverse
La cui destinazione è la stessa.
Tu che procedi
Sostenendoti a una fede che nell’abitudine ha perso ogni suo sacro significato
Perseverando in un lavoro che non avresti mai dovuto fare
Cucinando
Comprando l’affetto che ti è dovuto
da persone che ti hanno sempre trattata
a metà tra una contingenza
e una gabbia
in cui rifilare la colpa del proprio fallimento
Sfruttando le persone che questo affetto te l’hanno sempre donato
per mostrarti migliore ai passanti ormai trapassati
per non fare sì che i devoti rubassero il fulgore che mai hai posseduto.
Io scrivendo
Tutto ciò che riesco ancora a ricordare
Mentre gelato mi accascio sulle piastrelle di questo balcone
che va inclinandosi e piano
mi fa scivolare contro la sua scrostata ringhiera.
Io scrivendo
La penna che ancora si regge fra le dita
Pensando che nessuno ha colpa di questa pesta riduzione personale
né del sangue marcio che ci sta guastando
Scansando con il gomito il bicchiere ancora pieno
Scrivendo un’altra parola già scritta
da lasciare penzolare nel vuoto.