Benvenuti nel magico mondo.
Adoro sognare, yes I do. D’altronde, non tengo altra scelta che goderne: troppe le migliaia di notti a vivere seconde vite. Quanti incubi bambini dentro a quei ragni giganti sputazzanti cannibali; quante dolci fantasie adulte nel fare l'amore con un lago di panna montata e caffé, circondato da sirenette azzurre.
Sognare è bello, non è litigarello, non ci lascia lo zampino, come niente fosse fa il passo più lungo della gamba, e stimola una recezione elastica del segno linguistico nel cogito umano. Soprattutto, mi ha sempre permesso due cose che nella vita tangibile non sono mai riuscito a fare: volare sopra il mare, e non pagare le consumazioni al bar.
Ieri notte è stata la sublimazione lucida massima: ho ordinato un doppio tramezzino gamberetti/lattuga, sono uscito senza pagare, mi sono allacciato stretto le Asics, ho aperto le braccia e ho spiccato il volo verso Cuba.
Aint that a motherfuckin' dream.
What a dream.
Mi godo il volo, sono in apnea d'etere, le correnti d'aria da sotto che mi tengono in volta, aironi bastardi morti che svolazzano e si sfracellano decomposti nell'atmosfera, io li grido vaffanculo aironi vaffanculo, l'Atlantico che soffia gas e bollicine d'acqua.
Arrivo ai Caraibi.
"Nosotros aquì en Cuba queremos a Hugo Chávez otra vez." urlan i vecchi al porto.
"Ma Hugo Chávez é nato e morto venezuelano." dico io.
"La concha de tu madre esta venezolana y muerta!" incalzano loro.
"Very true." sentenzio io.
Va benissimo. Procedo. Sputo a terra, ergo il medio verso un generico orizzonte che tutto sommato non mi ha fatto niente, mi sistemo la patta, lacrime di sudore dalla fronte raggiungono il piede, fischio il motivetto de Il Buono Il Brutto Il Cattivo, il sole si squaglia in un Dalí di caramello e gocciola sul suolo liquefando le cosine. Volta la carta e mi ritrovo in un bosco di pini e abeti e picchi dispettosi, echi d'acqua che sgorga e crasha su pietra, dice laggiù c’è un torrente, dice insettini scemini che brulicano sottovoce facendo un gran casino, dice scrocchii, splatterini, spruzzini di succo di muschio; il maestro Ennio Morricone in frac appare dritto in mezzo al rio, una bacchetta nella mano alzata, occhi neri senza vita, mi grida "La concha de tu madre!".
E partono trombe, nacchere, grancasse. Son cattivo.
E non posso fare niente per contraddirlo. Son buono.
E per un momento non so dove sono. Son brutto.
É tutto sotto controllo, mi dico, questo é un sogno e io piloto, schiaccio il chiodo e guidiamo oltre.
Dal bosco spunta puntuale il mio vecchio amico orso bruno, che da anni prova a inseguirmi e divorarmi, senza riuscirci. E ci ritenta, e rifallisce. Lo anniento con lo sguardo, gli voglio bene e lo abbraccio, lo salgo in groppa e insieme voliamo di nuovo verso Cuba. My friend orso bruno, what a magic friend.
Sono di nuovo ai Caraibi.
"Nosotros aquì en Cuba queremos a Pepe Mujica otra vez." urlan i vecchi al porto.
"Ma Pepe Mujica è uruguagio." dico io.
"La concha de Morricone esta uruguaya!" incalzano loro.
"Very true." sentenzio io.
Però cheppalle oh.
Mi afferra per i capelli e per il collo un pescatore cubano con la pelle mangiata dal sole e la maglietta a righe blu e gialle, mi grida cose ispaniche e mi dice che a Cuba non è mica tutto Buena Vista Social Club, mi porta sulla pubblica piazza ed estrae una scimitarra elettrica mentre mi scaraventa a terra sbraitando la mia morte. Non avrei mai immaginato che gente con la maglietta a righe blu e gialle potesse essere violenta.
Vuoi vedere che sto ancora sognando?
"Aquí en Cuba cortamos la cabeza de los que no pagan tramezzinos en el bar." dice lui.
"Solamente per un tramezzino?" piango io.
"Dios te perdone! Uno, dos, tr
Poi un bacino sulle labbra, gli occhi impiastrati dal muco, alitino kakkinis, gnammi gnammi puzzi fruzzi, tubi fini di luce attraversano la tenda nera che dà sul vero mondo, un culo mi si appoggia sulle gambe atrofizzate e mi distorna il busto, io sto andando a lavorare Ale, ti ho fatto il cappuccino, bevilo.
Non lo devo pagare. Sono le 9: forza e coraggio, è ora di iniziare a volare.