Italiana Petroli
Il cartello recita nuova gestione, le lucine colorate lampeggiano e disegnano il perimetro di parte del gabbiotto.
Pier Vittorio direbbe che poteva sembrare un albero di Natale ma qui, a molti chilometri dall’autostrada del Brennero, non c’è odore di mare del nord. Non c’è odore di Olanda o Germania. Non c’è alcuna storia in mezzo da attraversare per raggiungerlo. Non ci sono popoli, lingue, Alpi, fiumi, vallate, filosofi, poveri, cialtroni, regioni, stati neutrali o d’agitazione. Hanno preso il compasso, hanno fatto un giro e l’hanno chiamato con un toponimo burocratico: Europa.
In ogni caso, da qui, l’Europa, non si vede. Non ha odore. Non ha orizzonte. Ha qualche faccia da telegiornale, comunque insufficiente.
La nuova gestione stasera non sa di mare, ma se ti metti un po’ di trequarti verso sinistra, allungando il collo e stringendo gli occhi come per vedere più lontano beh, in ogni caso il mare non lo vedrai. C’è, non molto distante. Non più lontano di due volte la distanza che mi separa da casa. Una distanza così, più ideale che reale.
Fa freddo e anche un po’ umido. Oggi ha piovuto e le luci di natale lanciano un alone attorno a loro che dura qualche frazione di secondo, come una scia, quando si spengono e poi si accendono, quando cambiano il disegno e poi il colore.
Passa un motorino ignorando la coltre di luci natalizie che avvolge i pochi metri di strada.
Dentro al gabbiotto c’è un tizio in penombra e, se aspetti che le luci di natale facciano il loro ciclo, il volto appare più chiaro, color bluastro come l’alone luminescente. Guarda fuori dal vetro, staccando ritmicamente lo sguardo da qualcosa più in basso. Un telefono, un computer. Non lo so.
Il cartello continua a ribadire: nuova gestione. È consumato e sporco. Non dev’essere poi così nuova questa gestione, valuto a mezza bocca avvicinandomi nuovamente la sigaretta.
Puzza di smog oleoso e incancrenito da migliaia di anni di versi, budella, merda e ogni nefandezza ributtata in questa aria separata dal resto del mondo perché, se abiti qui, impari che non puoi abitare nel mondo. Di certo non in un toponimo burocratico largo e conciliante. Europa, qui, tu, che cazzo ne sai della conciliazione?
Respiro con più attenzione possibile i vecchi fasti, le ere dominanti, gli imperi e gli amori, le storie eterne come la città e le leggende che durano poco più di qualche frase fuori da un locale, all’estremo opposto di questa nuova gestione, in qualche vecchia gestione sulla Casilina mi immagino, in qualche borgata di cui ignoro tutto e che giustamente ignora l’aldiquà. Respiro tutto l’aldilà possibile con la sua brutta faccia e le sue storpiature, con i coatti, i tossici, i punk, gli anarchici, i cazzoemenefrega, i fasci senza alternativa e il noise rock apocalittico che mi suona nel cervello. Che fa un gran bordello.
Allora il tizio esce dal gabbiotto, si chiude lo smanicato sintetico con la scritta Italiana Petroli, la faccia di quello che l’Europa se l’inculerebbe alla grande se solo gli importasse.
“Qua non puoi fumare”, deciso ma educato con il suo accento parecchio più esotico di ogni mare nostrano.
Mi guardo la mano con la sigaretta e la cenere che per puro caso è rimasta compatta dov’era, segnalando che non avrebbe tirato vento ancora per un po’. Lo guardo in faccia, non so con che faccia.
“Fuma lì” e indica il marciapiede a pochi passi da noi, visto che nel frattempo mi sta davanti.
“Fumo lì” gli rispondo. Giro sui tacchi, mi viene un rutto, mi sposto lì.
“Senti, una domanda”
Non risponde, mi guarda, rotto di cazzo anche per me che è evidente ormai, non capisco niente.
“Ma nuova gestione, da quanto?”
“Io sto qui da tre anni”
Tiro dalla sigaretta, senza più cenere.
“Belle le luci, però”