La mistificazione del nome proprio
1
I ricordi si fanno sfilacciati
come carne cotta troppo a lungo
Dalla pentolaccia tiri fuori solo brandelli
incrostati lungo i bordi durante uno sporadico rimestare annoiato
Gli altri persi sotto il colpo cieco della forchetta immersa nel ribollire del sugo.
Però
è quando guardi il soffitto con gli occhi così sbarrati da scoperchiarti il cranio
chiedendoti quanto ancora potrà durare questo tuo scrivere ormai divenuto banale
Che
la pentolaccia salta sul fuoco
il sugo s’ingrossa
E
un ricordo ti schizza pieno in faccia
ustionando il pensiero corrente.
2
L’ustione di un ricordo non è circoscritta
Si spande per la pelle
Corre da nervo a nervo
Ramificandosi in ricordi gemelli
Germoglia nella ricerca continua di un tessuto da consumare
Corrompendo anche un minuto d’amore.
3
Ricordi di Sara
E le serie tv che lei guardava e io non capivo.
Il nostro ventre strusciato su e giù sopra il divano di casa sua
Quando i grandi erano troppo presi a parlare male di altri grandi per prestarci attenzione.
La sua curiosità nel tirarmi giù i pantaloni
E ridere del mio piccolo pene.
L’urto che provai nel vedere, un giorno in piscina
I primi peli dell’adolescenza spuntati sotto le sue ascelle.
Ricordi di Enrico
E le chiacchierate in verticale
Balcone-Finestra.
Due tiri di pallone in cortile e poi
Seduti sulle scale del condominio
A imbastire gare di seghe per vedere chi veniva prima.
I piedi leccati a vicenda.
Il gioco strafico lo chiamavamo.
Prove generali di un rapporto con le ragazze che sarebbero arrivate
Prima o poi.
Il suo odore che m’investiva improvviso
E mi diceva che era tornato a casa
Le vacanze estive finite.
Ricordi di Luca
E la lotta per uscire con la ragazza più bella della classe alla scuola elementare.
Biglietti fatti passare di banco in banco
chiedendoci quale dei due avrebbe fatto colpo questa volta.
Lo sguardo piantato sulla schiena del nostro obiettivo
in una supplica eccitata.
Il bacio che fingevo di non voler ricambiare a sua sorella
Mentre lui ci guardava:
Lei sopra di me
Io sotto di lei.
La mia bocca serrata a forza
Ma la lingua non voleva saperne di non scambiare saliva con una bambina di quattro anni più piccola
E andava dimenandosi rabdomante nel suo ristretto spazio
fra palato e incisivi
tastando timida le mie labbra
Cercando quelle di lei.
La volta che Luca riuscì a sputarmi diritto in bocca
E di un me paranoico che immaginava che sarebbe morto per una malattia che solo la sputo poteva trasmettere
Quale che fosse non lo saprei dire neppure ora.
I programmi tv riprodotti nel teatro della mia camera.
Io facevo l’uomo
Lui la donna:
Spogliarelli in slow motion .
Lui faceva la donna
Io l’uomo:
Sdraiati per terra a simulare la nostra scarsa conoscenza dei preliminari
appresa durante le solitarie mute visioni notturne dei programmi sui canali regionali.
E il nostro pene in via di sviluppo
Lui stringeva il mio
Io stringevo il suo
Menandolo sino a farlo venire.
Lui che mi faceva promettere di non dire niente a nessuno
E io che sorridevo
Rassicurandolo
Nessuno l’avrebbe mai saputo.
4
Poi di schianto fece il suo ingresso l’adolescenza.
Il tempo della raggelante vergogna
Delle insidie del dubbio.
Gli anni delle esperienze taciute
Delle menzogne urlate per vanto
Della masturbazione dissennata.
Il periodo della verginità celata
di mente
di corpo
di sesso.
Non parlo più con nessuno di loro.