La bambina guardava il nonno. Non riusciva a capire cosa non andasse. Attorno a loro era un tripudio di colori, bandiere, tamburi, cori, fumogeni e festa. In ogni angolo vi erano persone che si abbracciavano e cantavano. Le griglie cuocevano salsicce come nei più grandi avvenimenti famigliari. Il nonno era fermo. Immobile. Il volto teso. E le lacrime si trattavano a stento. La bambina non capiva, ma riusciva a percepire una cosa non erano lacrime di gioia. Amaranta disse al nonno “andiamo a casa se non ti piace stare qui”. Dall'altra parte solo un cenno con la testa. Fece su e giù. Poi prese la bambina per mano. E iniziarono a camminare. Camminare in mezzo alla festa. La festa era dappertutto. Solo Amaranta e Diego sembravano esclusi, lontani e distanti. O meglio Amaranta avrebbe voluto stare li, cantare, mangiare, festeggiare come facevano tutti e tutte. Ma non voleva lasciare il nonno da solo. Andarsene non era certo facile. Da Plaza de Mayo al palazzo del Congresso, in ogni via, in ogni angolo, in ogni dove era festa. L'Argentina non vinceva i mondiali di calcio da tanti anni. E non si sarebbero certo aspettati di vincerli questa volta. Adesso che non avevano campioni come Messi e Maradona. Una squadra umile, ma forte caratterialmente. Una vittoria pazzesca, nessuna sconfitta. Una marcia impressionante. Diego amava il calcio. E Amaranta non capiva cosa non andava. Certo il nonno non era mai andato alla “Bombonera” e quando il Boca Juniors giovava teneva le finestre chiuse e le partite le guardava senz'audio. Non aveva mai chiesto perché. In quel tripudio interrotto solo dal grigiore del nonno sentì che doveva chiedere qualcosa in più. “Nonno, nonno, mi spieghi che succede”. Diego si fermò. Esplose in un pianto pensante e profondo e disse solo “andiamo a casa, è il momento che tu sappia”. Amaranta non disse nulla. Strinse la mano del nonno con più forza e annuì. Il nonno piangeva e le lacrime calde andarono anche sulla mano di Amaranta. Attorno cori, caos, odoro di asado, bandiere che sventolavano. Gioia. Arrivarono a casa. Ci misero tanto, perché Buenos Aires era bloccata dai festeggiamenti, e non vi era mezzo pubblico che viaggiava. E poi la Boca si trova a pochi chilometri dal centro. Diego non disse nulla, salì le scale, e prese un vecchio baule. Impolverato. Lo aprì con cura. Tirò fuori due giornali. Il primo era datato 30 ottobre 1983. Il secondo 24 marzo 1976. “E' ora che tu sappia.....il tuo nonno è stato per diversi anni rinchiuso in un posto misterioso. E' stato rinchiuso perché comunista. E' stato catturato una mattina. La mattina dopo il 24 marzo 1976. Catturato perché il suo sogno era un mondo diverso da quello dei militari che presero il potere nel nostro paese. Furono anni difficili. Tu la nonna non l'hai conosciuta perché a differenza mia lei non è mai uscita dal posto sconosciuto dove è stata portata. Siamo stati catturati assieme ma io non ho mai più saputo nulla di lei. Non ho mai più saputo nulla dei miei amici e delle mie amiche che quando sono stato liberato non ho mai più visto”. Amaranta era attonita. Leggeva l'articolo del giorno delle elezioni con cui l'Argentina usciva dalla dittatura militare. Leggeva di numeri. E poi si alzo e chiese a Diego “che altro c'è nella scatola? Posso guardare?”. Il nonno disse di se. Amaranta avevano 9 anni. Passarono diversi minuti e poi Amaranta disse “non capisco cosa c'entra tutto questo con la festa”. “Amaranta, la storia è lunga. Ma mentre il nonno era dove non sapeva dove. E mentre ogni giorno alcune persone lo trattavano male, quando andava a dormire a volte sentiva dei rumori. Sentiva dei rumori ma non vedeva nulla perché in questo posto tutti e tutte noi avevamo sempre il volto coperto con un sacco di iuta. Un giorno sentì una festa. Sentì festeggiamenti. Anche chi ci trattava male festeggiava. Sentì inneggiare all'Argentina, sentì i cori che sentivo oggi. Non sapevo dov'ero, non sapevo che giorno fosse. Non sapevo quanto era passato dal giorno che mi avevano portato via la vita, l'amore, la dignità solo perché ero comunista. Ad un certo punto mi presero a calci e intanto mi gridavano - comunista di merda l'Argentina ha vinto i mondiali. Ma a te che ne frega, tu sei comunista e dell'Argentina non te ne frega nulla - Non riesco a sentire ancora oggi i tifosi che festeggiano. Quei suoni, quella festa, quel divertimento per me significa tornare agli anni della tortura, e della dittatura. Mi si gela il sangue. Mi si gelano le ossa. Sento il dolore che mi sale, le scariche elettriche che mi salgono su per il corpo”. Amaranta non disse nulla, abbraccio il nonno e continuò a leggere. Passarono altri minuti, Amaranta leggeva. Scorreva le pagine del libro storico sui 40 anni delle Madri de Plaza de Mayo, guardava foto. Diego guardava e non diceva nulla. Amaranta era zitta e attentissima. Il viso tetro. Gli occhi che uscivano dalle orbite. “Nonno sono grande voglio sapere di più. Ho bisogno di sapere di più. A scuola ci hanno detto della dittatura, tutti i 24 marzo facciamo la festa per la libertà ma non sapevo. Non immaginavo”. Diego annuì. Alzò il telefono e chiamò suo figlio. "Amaranta domani andiamo con il papà e la mamma all'Ex Ecma, così saprai di più."
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