Le giornate dure
Le giornate dure, negli allineamenti più sfortunati, possono essere anche peggio. Peggio di così, peggio di ieri, peggio di come era logico aspettarsi. E invece.
La poltrona di design di alcuni anni fa resta scomoda malgrado le acrobazie che si possono compiere al suo interno. Il risultato è uno stato corporeo più agitato di quel che è in realtà. Un continuo bisticcio che, anche dovesse raffreddarsi l’ambiente, non si placherebbe.
Così passano le ore: muri bianchi, scaffali rigorosi, una scrivania pesante. Pesantissima. Quanto possono pesare le ore? Non lo so mica. Forse l’infinito.
Mi viene in mente un’immagine motivazionale che gira sui social, dice una cosa simile: studia quando gli altri dormono, allenati quando gli altri si divertono e un altro paio di mantra da americani invasati. La chiosa più naturale leggendola è: fatti fottere il tuo tempo tanto non sei nato ricco. Gli altri parlano e io penso che ho un sonno mostruoso: dormi mentre gli altri fanno riunione.
La sera prima mi sono messo a letto non molto tardi, c’era un bel clima e ho pensato che con quell’aria fresca avrei dormito almeno dieci ore, se solo le avessi avute a disposizione. Ho inanellato una sequenza di pensieri sulla vita, alcune riflessioni che mi sono portato dietro nelle ultime settimane fino a che non mi è caduto il telefono addosso, mentre mi addormentavo e pensavo: perché non scrivi? Perché sono stanco.
L’ufficio ti da un tono. Ti dice che lì si lavora, si lavorerebbe. L’ufficio fa la magia di restringere il campo, togliere le distrazioni, farti desiderare la Playstation a 500km di distanza con buona pace di Arianna che tanto, a quell’ora, comunque lavorava. Pure lei. L’ufficio fa questo e altro. Fa il lavoro.
Poi le cose un po’ si dicono, un po’ si mal interpretano, le cose un po’ migliorano e un po’ peggiorano. Devo dire che questa suscettibilità delle cose mi stanca più di tante altre cose. Mi pesa più del tempo, l’andamento del tempo. L’andamento del tempo è come il fluido in cui è immerso un corpo: aria, acqua, lo spazio. Che ne so. Così i corpi cambiano la loro dinamica e anche il tempo lo fa mentre resto seduto, agitato, scomodo, molto scomodo, sulla poltrona di design di qualche anno fa.