Lost & found
Milano è bella, ammettiamolo.
E di bello, in realtà, avrebbe ben poco, ché son buoni tutti a splendere in primavera, quando la terra è baciata dal sole e dai fiori, ma Milano sa portare il grigio, anche quando potrebbe venire a noia, lei se ne fa un vanto, mentre sposta indietro i capelli: cemento grigio, cielo grigio, la pioggia di novembre, la nebbia di gennaio, mette il mascara ed è pronta a uscire. D’altronde Milano è pur sempre Milano, quella della sigaretta in mano, della trattoria con ossobuco e polenta a pochi metri dalle terme con antipasto vegano – scrub incluso. Appena la conosci capisci che lei lo può fare, le altre arrancano, bellissime, ma diverse. Lei può, le altre vengono meno. Torino è perfetta: con due fiumi, le montagne, il vento, i portici, le vie tirate dritte dritte col righello, il piglio sabaudo, i locali, i musei - quanta movida nonostante l’Appendino. Come si sta bene a Torino, ma il punto è che ti sembra di conoscerla da sempre. Invece Milano no, non capisci mai se sta guardando te o quello dietro. Ti volti, confuso, per capire e lei ha già cambiato forma, perché ieri eri nella settimana della moda, oggi sei già in un’altra settimana del cazzo. Lei scandisce il tempo così in base alle settimane, in base alle fiere, agli eventi, in base al business. Ma la sera torna a casa sbuffando e cammina a piedi nudi sul parquet.
La vera Milano è quella del centro, dicono, e poi ti ritrovi felice e sperduto a Lampugnano, sotto ad una pensilina Atm, mentre piove, non hai l’ombrello, intorno solo pozzanghere e caseggiati popolari. C’è via della Spiga, via Spadari e non dimenticarti della gallaratese, di Gratosoglio, di Palmanova, di Rogoredo, delle siringhe al parchetto. Milano che sta bene con un paio di infradito, ma che sa camminare anche sui tacchi, e non è la cavalcata arrogante della provinciale, no, no, è così elegante che quasi vola. Milano che passa e ti volti a guardarla. Ma era lei? Non è che ancheggi o civetti, è naturalmente così; e non puoi nemmeno appiopparle lo status di regina, santa o puttana, perché sono semplici etichette vuote. Non ne ha bisogno. Milano di poche parole, ma che si ferma ad ascoltare, Il prossimo giro lo offro io, Milano la sera popolata da ratti e scarafaggi, e via verso la stazione di Lambrate, Rimembranze, via conte rosso, la trattoria piemontese, cosa prendi oggi? Il solito.
La stazione centrale, cubo bianco in mezzo al cuore, prendi la gialla e sei a San Donato, torni con il 45 e arrivi in via Cadore, Scorticati Pianoforti l’unico negozio che abbia resistito al cambio della zona, tutto il resto è altrove, disperso, perduto. Largo al nuovo, largo ai giovani, Largo Marinai d’Italia. Un giapponese si fa un selfie fuori dalla Sormani. Milano nel kebab della stazione dove turchi, cingalesi, milanesi, fuorisede, cinesi e peruviani si fermano per un boccone alle 3.00 del mattino. A che ora stacchi? Non so, ho una call alle 18.00. Il Duomo coi piccioni rincoglioniti e i passerotti agguerriti, via del Laghetto, anni fa c’era ancora il 23, la luce calda del tram, il legno, il freddo e l’umido nelle ossa, tutti assiepati con gli ombrelli bagnati, il libro dell’Università zuppo tra le mani, via Torino, la darsena e il pesce fritto, Ah il pesce migliore si mangia a Milano, viale Coni Zugna nello sferragliare dei tram, parco Solari, via Savona, la Circonvalla e la 91.
Milano è una chiazza grigio gialla nella pianura padana, con troppi fiumi da gestire e un bel po’ di smog, ma non credete alla erre moscia di chi la vuole cosmopolita, è solo un porto di mare, senza il mare. È l’ufficio oggetti smarriti. La gente arriva con le onde, coi pacchi da giù, Qui è tutto grigio, I milanesi sono freddi e un mese dopo sono in coda dal panettiere per ordinare il panettone artigianale. A Milano nessuno è di Milano, vengono tutti da fuori: l’unico milanese autentico che ho conosciuto era mio nonno, nato a Roma da una pugliese e un sardo. A Milano ognuno ha la sua parlata, ci si capisce poco, e forse per questo ci si innamora spesso, si viene per studiare, per lavorare, per migliorarsi, a Milano non si viene per amore, no, capita poi per errore, ma appunto era un errore; c’è chi resta perché non può più farne a meno, chi scappa e poi torna perché preso da una forma di nostalgia, ma non per la madonnina, ma per la gente, chè a Milano siamo tutti diversi, veniamo da tutte le parti d’Italia e del mondo, siamo troppi sulla metro, ma troppo pochi nel locale.
Ma tu per che ora arrivi? Io entro eh, non ti aspetto fuori.