Mare grosso in bicchier d'acqua
Chissà quando, chissà quando vieni, chissà se delle mille cose che fai un po’ ci pensi, un po’ ti distrai, un po’ metti insieme i pensieri per darti sollievo. Chissà che le cose non cambino più rapidamente del dovuto, del previsto, che qualcosa non resti più a galla del resto come una draga giocata sui livelli di esposizione alla rabbia. Allo scoramento. Alle solitudini di un viaggio che è inevitabile solo prima di arrivare, sempre prima di partire. Chissà se i pesi fanno le braccia forti e le spalle larghe, se non diventano una scusa per la gobba, per guardare più da vicino la terra che passa dagli aerei in quota, oltre le bombe, oltre le cose incredibili della vita. Se si atterra prima o poi o è solo un po’ di traffico che non sfoga sulla strada per le vacanze senza ritorno, o un ritardo in stazione mentre dal caffè del bar centrale il tabellone non si vede più. All’attesa hanno tolto il carico di aspettativa, l’hanno sostituito con muri, strade, rumore, sale vuote, immense, che parlano dal futuro e non dicono mai nulla di buono. Solo molto freddo d’estate e molto caldo d’inverno. Proprio così, al contrario e senza soluzioni, con la scarpa destra al piede sinistro, la scarpa sinistra al piede destro. Coraggio, pugni chiusi e passi ben distesi. Sarà quell’altro posto, sarà quell’altra curva, sarà quell’altro andare, sempre andare, continuare. Saranno nuvole, sarà mare grosso in un bicchier d’acqua, quel tanto che basta da sopportare.