Se mi chiedessi come sto, ti direi comunque bene.
Che ci sono stati momenti migliori, ma anche momenti peggiori. Che tutto sommato le cose serie sono altre. Che tutto sommato sono fortunata. Che tutto sommato, se ci pensi, non mi manca nulla.
Se mi chiedessi cosa mi manca, ti direi comunque nulla.
Che ho una casa, un lavoro, uno stipendio, i jeans nuovi, la mostra il sabato pomeriggio. Che non fa niente se, alla mostra, ci sono andata da sola; non fa niente se i jeans li ho buttati con l’etichetta attaccata perché mi fanno sentire grassa. Non fa niente se lavoro 10 ore al giorno, ma alla fine del mese, una mano me la deve dare sempre papà. Che non fa niente se la sera a casa non ci trovo nessuno e nemmeno posso prendermi un gatto e mi è morta anche la monstera, perché non prende abbastanza luce per via delle tapparelle abbassate tutto il giorno. Non fa niente, perché, se ci pensi, non sono in tanti a poter dire di essere indipendenti quanto lo sono io.
Se mi chiedessi come è essere indipendenti, ti direi che comunque mi piace.
Che per anni sono stata dipendente dalle quattro pareti di camera mia, dalle pillole, dai miei genitori, dalle più strane forme di amore e adesso non lo sono più. Che prendo il treno tutti i giorni, preparo da mangiare tutte le sere, lavo il bagno tutte le settimane, pago i conti tutti i mesi, metto via gli scontrini per la dichiarazione dei redditi una volta all’anno. Che non devo aspettare la cena, se mi viene fame alle sei di pomeriggio; che posso lasciare i piatti nel lavandino, le mutande per terra, il latte scaduto in frigo. È un’idea che mi piace, anche se il latte non lo digerisco più. Che, se ci pensi, posso fare quello che voglio.
Se mi chiedessi cos’è che voglio, ti direi comunque niente.
Che sto bene come sto. Che, in fin dei conti, ognuno ha quello che si merita. Che ci penso a come potrebbe essere, se non fosse così. Che so come avrei voluto che fosse stato. Che so come vorrei che fosse. Che sono più brava con i periodi ipotetici che con l’indicativo presente. Che sull’assertività devo ancora lavorarci. Che certi giorni voglio tutto, altri non voglio nulla, spesso voglio sparire, almeno una volta al giorno voglio essere diversa. Che sono cresciuta a pane e “l’erba voglio cresce solo nel giardino del Re”. Che non sono il Re. Che non so nemmeno se mi piacerebbe esserlo. Che, se ci pensi, sto bene così. Anche così.
Se mi chiedessi come sto, ti direi comunque bene.