Ogni volta che sogno, sogno di essere vivo
Oggi ho litigato e ho fatto un gran baccano.
Ho preso l’ombrello e me ne sono uscito nella pioggia, per vedere se c’era ancora un po’ di mondo o me l’ero mangiato del tutto, in quello strepitare. Non poteva piovere davvero così forte eppure era come se nulla fosse mai esistito prima di quello sconvolgimento atmosferico. Un suono infernale, fortissimo. Un mostro d’acqua che cercava di demolire il mostro di cemento e vetro; si accaniva con forza contro la luce che ostinatamente filtrava attraverso il muro d’acqua e che muoveva, ancora e con fatica, verso l’intorno: un negozio d’alimentari, una libreria, quelli che riparano gli smartphone.
L’acqua campava di niente come di niente campano le città mentre degradano e sviliscono, mentre spostano sempre più in basso il gradino della dignità e più in alto quello della tragedia: sentirsi inetti, stupidi, falliti. Espulsi dall’ecosistema di buone norme e pensieri, ovvero quelli votati all’unica produzione universale. Costruire reddito, sommare capitale, fare cassa.
Ho litigato fortissimo e ho fatto un gigantesco baccano mentre spaccavo il mobilio, devastavo i quadri e le foto, frantumavo in mille pezzi i piatti e i bicchieri, i servizi da te e i prodotti cosmetici dal valore incalcolabile. Un vero disastro. Ho pensato: che disastro, che disastro ho combinato e che disastro sono, che sollievo, finalmente mi somiglia. È così che ho preso l’ombrello e sono uscito di casa, per vedere se il mondo continuasse ad esistere dissimile e lontano dal mio desiderio e colpevole del mio inquieto vivere. Mi sarei tirato fuori il cazzo, avrei cagato su un marciapiede, avrei volentieri spaccato i denti all’adorabile commesso del negozio d’abbigliamento sportivo, evoluzionisticamente almeno due o tre passi avanti a me: bello, fluente in almeno alcune lingue, con la possibilità di scegliere con chi accoppiarsi senza l’onta della riproduzione. Per il gusto di fare, per il gusto di sborrare in santa pace.
È anche per questo che ho litigato così forte come mai avevo fatto con me stesso e ho fatto sì che chiunque nel vicinato lo sentisse: che sentissero come finisce in pezzi un uomo, come finisce in pezzi un vero italiano, con i suoi stupidi problemi ridotti alla devastazione totale. Un’altra bella frase da immortalare per il vostro social network preferito. Sei più da Instagram? Facebook? Twitter? Sai usare TikTok e sai ballare con i piedi che si incrociano? Il mondo ti abbandona e ci abbandona, tanto vale andare a prenderlo finché è ancora qui, mentre con l’ombrello taglio questa infinita coltre di pioggia che separa tutto e tutti, che rende impossibile la parola e riduce più che può quello che si può vedere, magnificando quello che non si può vedere.
L’invisibile agli occhi, l’essenziale ammuffito delle buone parole e dei buoni modi, mentre la violenza tecnica si abbatte con la sua mattanza.