On how life is
Io? Io sto seduto qui, mi annoio un po’. Sento i discorsi di chi s’annoia attorno a me, tra un foglio di giornale, il telefono cellulare, le chiacchiere sull’anno precedente o sul pranzo che arriverà. Nessuno mi sembra appassionante e non mi fermo troppo a lungo nel prestare l’orecchio. Mi riempio letteralmente di domande e dubbi fino a che il mio battito cardiaco non è troppo accelerato e sento che la tachicardia potrebbe farmi male. Mi mordo il labbro, non troppo stretto mentre il vento leviga la superficie del mare, insospettabilmente calmo e limpido.
Sono giorni che si somigliano e perdo il conto del calendario, lascio che molte cose che avrei potuto scrivere se ne scompaiano all’orizzonte. Un orizzonte lontano, spinto ancora più in là dal sole alto che toglie ogni profondità, come in un gioco di prospettive illusorio. Nulla è lontano ma nulla sembra davvero vicino e conquistabile.
Nei mesi precedenti ho scritto molto per brevi periodi fino a darmi una regolarità, traballante eppur presente. Non so dire se questa cosa mi abbia aiutato ma sicuramente ha avuto un ruolo attivo nel trascorrere del tempo. La regolarità è rimasta nell’altrove delle abitudini cittadine e lavorative, aldiquà dell’altrove cittadino e lavorativo non ci sono regolarità né programmazioni. I pochi appuntamenti non vengono rispettati in favore di una misura del tempo non più univoca e comune. Qui, da questo lato dell’oltremare il tempo piega le cose, non viceversa. I corpi si allungano sotto il muoversi del sole nel cielo, si stirano più che possono lungo i bordi del bagnasciuga, si raggomitolano nelle oasi d’ombra, si disintegrano nella velocità della fuga.
Nei mesi precedenti a questi giorni ho iniziato e sospeso alcuni racconti, un paio di libri, diverse decine di versi, almeno tre progetti troppo ambiziosi per il mio tempo e le mie tasche.
Nei mesi precedenti, io? Io ho divagato e mi sono dato. Ho vissuto in una distrazione così ben congegnata e fitta da risultarmi quasi incredibile, vista da qui. Ho riempito meticolosamente l’agenda dei lavori, l’agenda degli affetti, l’agenda degli imprevisti e l’agenda delle cose non dette e non fatte. Ognuna con un colore, ognuna con una scansione temporale propria e particolare. L’agenda della vita per gli altri ha sagomato i confini della vita per me stesso, riducendo ai minimi termini il tempo dedicato ad alcuni racconti, un paio di libri, diverse decine di versi, almeno tre progetti troppo ambiziosi. In un tempo distante fatto d’altro, avrei detto che ho soffocato quel che volevo fare, addossando le colpe al mondo cinico e baro.
Quel tempo, in questo tempo, non ha alcuno spazio.
Aldiquà del confine dell’altrove sono scelte.
Nei mesi precedenti il tempo era comandato.
Io? Sto seduto qui, mi annoio un po’.