Dopo trent’anni di servizio, poco onorato e talvolta disonorevole, alla Daniela dicono che non è più consona a svolgere mansioni pesanti. Non è che la licenzino proprio, semplicemente barrano con la penna nera il suo nome dall’albo della cooperativa e nessuno la potrà più contattare per offrirle un lavoro ed un bagno da lavare con gli auricolari bluetooth sospesi sullo specchio della doccia. Questioni di Legge, di sicurezza. “Signora alla sua età non si possono più fare sforzi”. Ma dove le andrà a fare allora le mansioni leggere, lei che qui in Italia è sola e non si sente pronta a considerarsi pensionata? Dove andare a postare la propria bandiera, linda e ben stirata, ma lungi dall’essere bianca, a questo pensa passeggiando verso la farmacia, il salumiere, l’ufficio postale.
Si siede al tavolo della piccola cucina quella sera, esaminando i suoi prossimi passi; di dirlo ai figli non se ne parlava, si sarebbero preoccupati. E lei in fondo era egoista come tutti gli esseri umani e in Romania, ad abitare accanto al suo ex marito, non ci voleva tornare.
Dopo tutti gli sforzi per imparare a dire le doppie, stava bene single.
Il suo occhio impietoso indugiava su quella macchia sul muro di cui si era scordata, ma che ora ebbe la chiara percezione non avrebbe mai pulito. Come un’epifania, di verità e di paura.
Se ne era accorta anche lei; gli inverni scivolano veloci ed i suoi figli hanno ormai figli e cani da compagnia e chi ha trovato fortuna invia ora cartoline dai villaggi vacanze sull’Adriatico.
Almeno la salute era presente all’appello e poteva ancora rispondere quando invocata per portare la spesa su per le scale. Daniela ha sempre letto un sacco di libri che non si aspetta nessuno da una signora come lei: avrebbe potuto citare Montale se solo avesse avuto un braccio a cui aggrapparsi, ma era forte e non voleva fare pena a nessuno. Il vuoto che compone nell’animo una frase quando fa se-prendo-un-cane- adesso-potrebbe-sopravviver---mi. Contare le proprie possibilità in lustri.
Il problema non erano i soldi, ne aveva da parte, quando fai la badante hai meno spese per mantenerti e certe figlie di signori ricchi ti passano le felpe smesse, una molto gentile una volta la ha persino accompagnata all’ospedale, era solo una scottatura, ma i benestanti sono ipocondriaci e disavvezzi alla pelle nuda. Quella domenica pomeriggio la figlia della donna le chiese: <<Mamma ma chi baderà a tutte queste badanti?>>. E la madre rise per l’ingenuo ma consapevole gioco di parole della figlia. Daniela no, il suo era il sorriso appena accennato di chi si è improvvisamente ricordato qualcosa che doveva fare, ma aveva sempre rimandato.
Avrebbe voluto risponderle e confortarla, che tanto non lo sapeva neanche lei quindi non c’era da preoccuparsi. Quando vedi tanta gente morire ti rendi conto che non è come nei film, non tutti cadono dalle scale per un infarto o hanno la bava alla bocca. Nemmeno urlano o piangono; si spengono e basta e spesso li trovava la mattina dopo. Si chiedeva sempre cosa avessero pensato in quegli estremi istanti, se avessero avuto, l’istinto di urlare, di rompere tutto e di andare in mille pezzi anche loro, carne ossa e tutto, lacerati dalla rabbia.
Il primo ad arrivare era sempre il primogenito, uomo o donna che fosse, in lacrime perché “sì se lo aspettava ma vederlo lì è diverso”, così diceva agli amici. Poi il secondo o terzo figlio, richiamati all’ordine dalla telefonata lacrimosa del più vecchio. I nipoti li vedeva direttamente al funerale.
Daniela sapeva di non avere più molte scelte davanti a sé, ma continuava a comperare fiori al mercato per rendere accogliente il suo piccolo atrio. Daniela continuava a fare un sacco di cose solo che nessuno ne prendeva più atto. Il tempo libero non retribuito. Negli anni aveva imparato a prendersi cura degli anziani e sapeva dunque rivolgere a se stessa le stesse attenzioni, si adagiava a letto lentamente senza fosse qualcuno a ricordarle la fragilità della sua schiena.
Era facile controllare le dosi delle medicine altrui ed in un certo qual modo, liberatorio. Le ricordava di quando al ritorno da scuola, alla vista della sorella di quattro anni più vecchia che allattava il suo pargoletto, percepiva una lunga vita ricca di opportunità.
Lei 18 anni mica ce li aveva, c’era ancora un sacco di tempo.
Dopotutto non era triste, era solo passata e non aveva niente e nessuno da maledire.
Ascolta Tiziano Ferro, ma anche i Pink Floyd.
L’avviso luminoso sulla strada di ritorno da dove siamo venuti si chiama Francesca ed ha conosciuto Daniela in fila al reparto salumi del supermercato. La figlia le faceva i sorrisini iniziando un tenero gioco di sguardi mamma - piccoletta - anziana nutrice.
- Ciao, come ti chiami?
(Fa ondeggiare un po’ il piede sinistro e si nasconde dietro la gamba della madre, gli occhi vispi però puntano decisi quelli di Daniela, non si scollano, sorridono ancora).
- Dai, non essere timida, dì il tuo nome alla signora!
- Non preoccuparti, le vecchiette fanno sempre un po’ paura ai bambini, assomigliamo alla Befana, ma come lei siamo buone...
(Ridacchia)
- Mi chiamo Isabel.
(Alla bimba il riferimento alla Befana è piaciuto).
La madre le ha raccontato poi del suo saggio di danza, di quanto sia raro che le piaccia una persona con quella intensità, con la sua stessa curiosità di quando era piccina.
Daniela questo lo sapeva già. Erano passati almeno tre lustri ma lei se la ricordava ed era molto più bella con una borsa in mano rispetto a quando stringeva un libretto di racconti fantasy. L’età adulta dona a chi ha sempre saputo farsi le domande giuste.
Avrebbe voluto dirle che alle badanti non bada nessuno e fare i complimenti al Creatore di questo labirinto in cui ci perdiamo, ma nel farlo capita spesso di ripassare nello stesso identico posto. Non aveva il coraggio di confessare la sua identità e farsi offrire una cioccolata per parlare del più e del meno. Francesca sicuramente era ignara di tutto, ed era gentile nella maniera più spontanea in cui si può essere gentili, aveva l’aria di una che di incontri così ne fa tanti. In fondo Isabel era una bimba dolcissima.
La sera Daniela era felice tornando a casa e quell’anno aveva fatto l’albero a Natale, le decorazioni erano tutte nuove. Non ci è dato sapere per quanti altri inverni la donna abbia mandato gli auguri a familiari e conoscenti.
Una cosa è certa; io quel giorno Daniela l’ho riconosciuta e mi sono inventata per lei un passato ed un presente più rassicuranti del futuro che non ho saputo regalarle.