Palo
Lo sa come funzionano questi meccanismi. Il ritardo è una costruzione sociale negativa segnata dallo scorrere del tempo, unita a un principio di verità assoluta messa nell’ottica di essere concreta. Non si agita e aspetta l’ultimo minuto di orologio per avviarsi. L’aria è brumosa e tutto appare poco limpido; l’umido si insinua tra i vestiti carezzandolo malamente. Le strade sono deserte, c’è qualche persona che barcolla in giro e ti guarda con indifferenza. Il parco non è molto lontano, avranno già acceso il fuoco. Il tempo sociale è come una sfida: vestiti, esci, arriva all’orario giusto. Poi si trovano le persone e ogni persona richiede un’attenzione diversa.
È una sfida persa capire tutti, la sua cosa preferita è ascoltare o, a volte, rispondere alle domande. Ci sono poche persone con cui si può parlare davvero, sempre meno, si dice. Il nostro tempo per quanto veloce richiede pazienza e un po’ di disincanto. Quanto spesso ci è stato imposto di nascondere gli ideali con l’auto-provocazione di autentica vergogna nei confronti di sé stessi. Bisogna sapersi vendere.
Molto spesso e in certi contesti, le convenzioni sociali sono i paletti di triangolazione di un gruppo, i quali sono assai difficili da scavalcare. La sua schiettezza non amava né triangolazioni né bersagli e molto spesso induceva a una ben poca voglia di scendere a compromessi con le persone fuori.
Tutto sommato, ironicamente, si diverte. Ci mette il cuore e tutta la bontà che possiede per creare un clima rilassato assieme agli altri. È la meccanica che gli sfugge sempre. C’è solo impeto e un po’ di bon ton per capire meglio come attenuare il suo carattere. Già la parola cosi da sola, spogliata del suo significato ricorda molto il concetto di prendersi un leggero pugno in faccia, con la erre arrotondata alla francese: ehi! Attento ai recinti cazzarola.
Se è un problema esco dal gruppo eh. Quante volte lo aveva fatto per non compromettersi, quante volte aveva schivato il tiro del bon ton. Però, così è, poi si imparano altre cose e le vicissitudini si fanno sempre più intricate e la solitudine sempre più bella. Così è arrivato a capire che i momenti di condivisione devono avere un valore di un certo tipo, di sicuro dopo tutto il tempo che aveva perso a soffrire la convinzione di essere profondamente sbagliato e fuori ordine. Non è neanche una questione che deve andare a chiudersi nell’alveo delle questioni depressive, mette solo tanto malumore e tanta rabbia. Malmostoso, continua a camminare nel buio, a confondersi con le strade e le case. Tra poco sarebbe arrivato, quindi si accende una sigaretta, personale, un po’ legata all’aspetto ossessivo di ricondurla a un certo tipo di ansia. Quindi alla domanda perché non riesci a smettere di fumare, la sua risposta è molto semplice, banale e comune. Ma certe cose si evita di dirle… Ahi ahi, palo! Alla fine tutti abbiamo le nostre ossessioni,:chi le unghie, chi la roulette, le basette della barba , chi il numero di birre all’aperitivo e persino i colori del calzino. Tutte fisse, tutte ossessioni.
Un pensiero qualsiasi, che sia anche di natura problematica non è ascrivibile a sé stesso e basta, ma viene collegato a mille parti che compongono il sé, e la coscienza a tutto un intorno di cose che ci portiamo avanti da quando abbiamo iniziato ad accumulare ricordi. Ecco perché gli seccava andare alla serata, una gran perdita di energia in interazioni inutili.
Arriva, fa come se nulla gli passasse per la terza, da una pacca sulle spalle, o un bacio a chi gli sta più in prossimità fisica e si siede. Da li comincia a captare e segnare tutte le interazioni che si formavano attorno al fuoco, tra le birre e le ombre che giocavano un insensata danza rilassante. Si perde nei discorsi, ogni tanto interviene, cerca di essere partecipe a ciò che gli succede intorno. Evita le interazioni faccia a faccia, quindi si infila in mezzo ai discorsi degli altri. Mani che si muovono, gesticolamenti, bocche che si aprono e chiudono, sguardi che si evitano. Non riesce, perché non vuole, a distinguere più i suoni e le articolazioni delle parole.
Continua a sentirsi gli occhi di Francesca addosso, come un macigno sulle spalle. Infatti quando si gira verso di lei, subito questa gira la testa da un’altra parte, inserendosi con maestria in discorsi di vario tipo. Una persona che sa davvero stare in mezzo alla gente, elegante nel modo in cui muove le mani e in quello che dice quando apre bocca, sempre quasi preoccupata che non ci sia abbastanza coinvolgimento. Non gli interessa. Sì, c’è stato qualche volta, ma non vuole una donna che si preoccupi di lui, non vuole una donna in generale. La sua intolleranza a volte tocca epici picchi di isteria da sfogare in birrette e corse serali, sudando tutte le informazioni e le voci che sente tutti i giorni. Ha sempre paura di dire le cose sbagliate, di fermarsi sempre troppo tardi, quando è già caduto nel burrone già da un pezzo.
Le paranoie non sono mai abbastanza, si dice da solo. Osserva Francesca, guarda i suoi movimenti e ascolta quello che sta dicendo. Lei pare non notarlo. Lui non interviene nel discorso. C’è un cicaleccio abbastanza intenso, la serata comincia ad animarsi. Si sente un po’come un corpo estraneo al contesto, al contrario di lei, che brilla proprio, assieme al fuoco.
Si alza in piedi, saluta velocemente e riprende la via di casa in mezzo alla nebbia.