Post-scriptum
Passo, passo, vetrina, sei piegata in due, raddrizzati, Un minimo di contegno - la voce di tua madre che rimbomba nelle orecchie - Ma non è possibile! passo, passo, porte scorrevoli, neon violento, si metta in coda lei è la terza, ti accasci in prima fila, alla tv c’è Amici di Maria De Filippi, i senzatetto si sono schierati nei due angoli in fondo alla sala per non perdersi nemmeno un fotogramma. Per quale assurdo motivo c’è una tv nella sala d’attesa del pronto soccorso? Soffrire con Amici in sottofondo fa incazzare. Tanto.
Qual è il problema?
Credo di avere un’infezione alle vie urinarie.
La diagnosi la facciamo noi, qual è il problema?
Questi programmi sono proprio spazzatura, dice barbone1.
Cistite da stamattina, adesso ho male ai reni, mi è già successo…
E allora perché non ha preso l’antidolorifico?
Ma perché non ci mettono un bel film di Al Pacino dico io, sbotta barbone3.
L’ho preso, ho male ai reni nonostante l’antidolorifico.
Il dolore da uno a dieci è?
7.
Passano il tempo a litigare per cazzate e non si capisce niente, alle macchinette ci sono i taralli, si introduce anche barbone2.
Sicura? Mi sembra molto pacata per avere una colica renale
7 – e trattengo una lacrima.
Com’è arrivata?
Barbone 4 russa, ma non si capisce bene se il problema, per chi attende vicino a lui, sia più il puzzare o il russare.
A piedi.
A piedi?
Sì.
Non riesci ad alzarti e l’infermiere è costretto ad aiutarti.
Hai in mano un bicchiere di plastica e una fiala, ti indicano il bagno – quello del ps, l’ipocondria è già alle stelle. Come si può pisciare in un bicchiere nel cesso del ps con le coliche? Dignità, dignità, stai su bella dritta. Ti lavi le mani e cominci a trafficare, ma il dolore aumenta, tremi e non riesci a trattenere i lamenti – fuori c’è piantonato l’infermiere che teme uno svenimento – sposta il dolore da un'altra parte, spostalo e non pensare, cosi mordi la guancia destra forte, forte da sentire il sangue, tanto, caldo e confortante, mordi mordi mordi, sposta il dolore, arriva l’adrenalina e le mani smettono di tremare, così riesci a travasare il liquido dal bicchiere alla fialetta, un’operazione pulita e precisa. Ti rilavi le mani, allo specchio una sconosciuta con il volto contratto in una smorfia. Consegni il trofeo all’infermiere, prelevano il sangue, Ma qualcuno ha capito per cosa stanno litigando? Sono venti minuti che urlano e ancora non so perché, sono forse scemo? – Barbone 1 vuole chiamare in causa gli astanti, ma nicchiano tutti e tu stai aspettando la droga buona, l’unica cosa che riesci a fare è dondolarti come un bambino catatonico e respirare contando per multipli di tre. C’è un buco nero nel controsoffitto di cartongesso e ci finisci dentro, ragionando sui multipli di tre e gemendo senza accorgertene, finché un vecchietto si avvicina per chiedere se non sia il caso di chiamare un medico No no sto bene, risposta automatica. Eri così lontana chiusa nel buco nero e ora che sei tornata qui, non riesci a trovare un filo di pensieri densi su cui perderti ancora, in equilibrio, cercando di non sentire, dissociandoti dal corpo, i senzatetto continuano a blaterare mentre la polemica alla tv si fa accesa. Io voglio vedere Scarface, così si sveglia Barbone 4, come se in realtà avesse seguito la diatriba fin dall’inizio, arriva l’infermiere di prima e ti attacca una flebo di non so cosa, ma quanto ami il freddo che si propaga nel braccio, gli aghi, sentire le vene gelate e il sollievo, il sollievo, la felicità di non sentire più nulla, l’assenza di dolore ti manda in estasi e svieni, non chiami, non dici, resti in silenzio, immobile sulla sedia e cadi giù. Eh, figurarsi se qua ci fanno vedere Scarface, oh comunque non ci hanno ancora cacciato e siamo qui da tre ore.
Sdraiata su una barella, coi piedi per aria e un’infermiera dal piglio deciso che ti urla in faccia, ha una bella montatura di occhiali e gli incisi inferiori smangiati, bruxismo, parrebbe a un primo sguardo.
È per il prelievo?
No.
Sei svenuta per il prelievo?
No, mi succede con l’antidolorifico in vena.
Non è normale.
Beh mi rilasso così tanto quando sparisce il dolore che casco.
Come si chiama l’altro film di Al Pacino?
Il padrino!
No, non quello, ha una parte piccola, dico il film famoso!
Ho visto, sei caduta di testa.
Sto bene, mi alzo.
No, aspetta, stai ferma.
Troppo decisa, non riesci a importi e resti con le gambe all’aria a studiare la sala gessi.
Carlito’s way? – spara l’infermiere sudaca.
No, sarà Donnie Brasco – interviene l’internista.
No, no quello famoso, dove lui…lui..
Profumo di donna, urli dalla saletta gessi, ringalluzzita ti metti seduta sul lettino, gambe penzoloni, e dio cristo questo antidolorifico è stupendo.
Attaccano un’altra flebo, antibiotico, Brava ci hai preso è un’infezione alle vie urinarie.
Ecco, giusto Profumo di donna, quello sì che è un bel film.
No, io preferisco Scarface.
Adesso è barbone1 a sonnecchiare, loro sono felici: sono al caldo, hanno una tv da guardare e nessuno li sta cacciando via. Tu non vedi l’ora di tornare a casa con l’antidolorifico sparato in vena, sono le 3 del mattino e vorresti dormire nel tuo letto, loro il letto non ce l’hanno e sono ben contenti delle dure sedie della sala d’attesa del pronto soccorso. Buco nero, ancora, ma sta sotto la barella, che fai ci caschi dentro? Dai, entra, come cambiano le prospettive sulla base del punto di vista, quanto saresti lieta di un tetto sopra la testa se solo vivessi in strada, puzzeresti e finiresti per essere assuefatta al tuo stesso odore e quanto freddo ti abitueresti a sopportare – salvo poi una mattina di fine gennaio non svegliarti più. Come cambiano i buchi neri, e come ti cambiano. Quando ci entri è difficile uscirne, perché sono terribili e tremendi, di quella bellezza che non lascia scampo, i buchi neri sono estremamente reali e tirano giù, giù, più in fondo, dove la luce non si scorge, dove la luce non arriva. Tunnel della metropolitana, rumore da linea 2, c’è solo buio e frastuono, poi una fermata, la luce intermittente, salgono fantasmi, le tue mani sui miei polsi, vetri rotti, il treno riprende la corsa, mi tieni ancora i polsi?, luce buio luce buio, qualcuno urla dal fondo del vagone, è una canzone, non so, cosa hai detto?
Ehi, puoi andare.
Torni all’accecante luce al neon, torni all’infermiera rude che ti sfila l’ago e ti consegna la cartella.
Vai tesoro, ti chiamo un taxi?
No, vado a piedi.