Raccolta #3
EURIDICE
La lira di Orfeo si dispera e si strazia,
ma il suo canto non arriva alle mie orecchie:
è ovattato da un presagio
che risale il mio corpo strisciando,
come il serpente che mi ha uccisa.
Dalle gambe sale alla pancia,
poi mi lecca i seni per dispetto
e quando arriva al collo mi morde
e si nutre del mio respiro.
Asfissiata, torno al nulla gassoso che mi trattiene
e penso che mi hai negato il futuro
solo per il gusto di vedermi brillare
sotto la luce della luna.
Sei più egoista di Narciso:
lui ha gettato la sua vita
tu, invece, la mia.
VER-GOGNA
Le mie occhiaie sembrano dipinti di Goya,
c’è dell’isteria nei capillari sotto le palpebre.
Esco controvoglia
per tenere la mente lontana dal fatto che
non riesco più a guardare la luce che filtra dalle finestre
senza pensarti.
Il vento muove le tende come fossero bandiere bianche
e bandiera bianca sventolo io:
è patetica questa tua tortura
e io mi arrendo,
incarcerata nella mia Quinta del Sordo.
ACCA DUE O
A volte vorrei avere la profondità di una pozzanghera,
e vedere attraverso questi sette strati di pelle
per scoprire se il blu che ho dentro
viene dal cielo o dall’abisso
Altre volte vorrei essere il letto di un fiume,
e guardare dal basso i passi che muovo
sulle pietre scivolose e contundenti,
per controllare che il mio baricentro
sia sempre dove è il cuore
Ancora, vorrei scendere come pioggia,
e scivolare sugli ombrelli e sui tetti
per poi tornare pozzanghera.
A volte vorrei avere la profondità di una pozzanghera,
perché alla fine, è la stessa profondità che hanno i tuoi occhi.