Raccolta differenziata
Ho un movimento interno di emozioni, molto contrastanti. Penso nello stesso momento a Piazzale Loreto e agli Influencers, maiuscoli anche loro. Come il Duce.
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A me, gli Influencers, appassionano moltissimo. Ieri ho scritto un post da Influencer in cui mi lamentavo della mancanza di educazione di un ufficio stampa in un teatro a vedere Luca Ravenna a Roma. Mi lamentavo di una cosa che, nel mondo dei vivi, neanche esiste. C’è un però. Mi sono persuaso nel tempo, pensandoci molto la notte prima di non addormentarmi, che il mondo sia diviso in due macro-sezioni: lì con Annette dove il cielo è sempre champagne brut, azzimatissimi personaggi. Persone che riescono ad addormentarsi molto più serenamente della media delle persone reali, che non soffrono di acidità davanti ai sott’oli, che se la vivono. Non lo so se serenamente, ma se la vivono. E questo ovviamente per me è un mistero, partendo dalla presunzione che invece siano loro gli Irreali. Vivono digitalmente appagati? Non lo so, un tizio anonimo mi ha anche preso per il culo per il post. Non mi sono sentito di dargli tutti i torti ma quando ha preso in mezzo la mia famiglia l’ho mandato in Piazzale Loreto a fare la raccolta differenziata. Non ho l’attitudine. Mi mette in imbarazzo questa cosa di non avere l’attitudine di fare cose pavide e sciocche come lamentarmi della marginalità del mondo. Non dovrebbe succedere, eppure.
Dall’altra parte della barriera di ghiaccio e pietra e incantesimi magici costruita 8000 post da 50 like fa, c’è il mondo di chi è, per contrapposizione, ininfluencer. Una massa disorganizzata e puzzosa di caconi che s’azzuffano per un tozzo di pane perché, non voglia il cielo, l’intolleranza al glutine non se la possono proprio permettere. Gente che, magari anche con dei feed ordinati, scrive bene in italiano, parla una bella lingua. Gente anche che non gliene frega un cazzo porcoddue, che scureggia sui bambini che crepano di fame, che paga tutte le mazzette del mondo. Gente scorretta. La maggioranza disorganizzata del paese reale che vive dimmerda. Perché è giusto. Sei ininfluencer dunque te lo accolli, il viver di merda.
Cazzo vuoi, vai a morire più in là.
Ho emozioni contrastanti. Soffro, malissimo.
Vado al bar, non c’è più il bar. C’è un coffee boutique. Si dirà al maschile, al femminile? Una parete bianca per le foto e uno specchio in cui sono parecchio magro. Mi tocco i maroni. C’è Corso Como 10. C’è una ragazza che dice “finalmente un po’ di ordine” mentre indossa degli stivali da SS e mi mettono una giacca da gerarca nazista, mi passano un foglietto scritto in Ariel 12 con interlinea standard. Recita: tu, da adesso, sei nostro. Ma come sono vostro, sono vostro di chi, ragazzi non scherziamo. Io volevo fare finta, non ho abbastanza followers, non mi invitano a quelle feste lì. Mi invitano alle presentazioni dei libri, dei fumetti, siamo quindici quando va bene, ma cosa fate, lasciate stare il trucco, ho la dermatite, questi pantaloni taglia 46 li mettevo in seconda media, dai non fate così, vi prego, parlate correttamente, non dovete iper-pronunciare le parole inglesi, la weltanschauung.
Infine, in questo turbine di emozioni molto miste, bestemmio. Bestemmio per davvero. Bestemmio davanti al parroco, davanti alle telecamere, davanti a mia suocera, davanti ai bambini che muoiono di fame perché hanno sbagliato un post, gli si è abbassata la media del rating della merda nel culo della bocca proprio dove si attacca al dotto lacrimale.
Appaio finalmente alla madonna.
Ciao Madonna.
Ciao Alberto.
Chiamami bebo, però, che m’imbarazzo.
Ma io sono tua madre.
Tu sei la madonna.
Non sei mia madre.
Per una questione che puoi intuire facilmente, invece, sono anche tua madre.
Non mi trovi d’accordo.
È un problema tuo.
Dice Freud che è un problema nostro.
Non parlare male di mio figlio.
Hai ragione, scusa.
Ti sta bene la giacca da gerarca nazista.
Io, per la verità, preferivo non ammazzare nessuno.
Lo so, è uno sporco lavoro ma qualcuno lo deve pur fare.
Madonna.
Chiamami pure mamma.
Madonna.
Dimmi pure, figlio.
Assomigli moltissimo a Chiara Ferragni.
Non sei il primo che me lo dice.
Ah no?
No.
Caspita.
Già.
Madonna.
Chiamami pure mamma.
Madonna.
Dimmi pure, figlio.
Io ci ho ripensato. Preferivo quegli altri.
Sono sporchi e puzzano.
Una volta ho leccato la figa ad una Influencer e puzzava.
È l’odore dei soldi, quello.
Dev’essere che non ci sono abituato.
Cambierai.
Vabbè, io vado che ho da fare.
Ciao, figlio.
Ciao, Madonna.
Esco dal bar, esco da casa, esco da moltissime situazioni tutte diverse tra loro in cui, misteriosamente, mi sento sempre a mio agio. Faccio un’impennata con il motorino, mi fregio di essere un intellettuale.