1. (Ho una vocazione, o meglio, una condanna)
La luce sul palco
quando ho scoperto di essere Sybil Vane –
un calore asfissiante.
Il calore asfissiante
di un oracolo di morte
al posto del sole
della vita reale.
2. (Uccido la lirica)
la fame ai cuori folli
prurigginando sale,
nell’afa ancestrale
brucia e zolfeggia il mar.
E per le vie del gorgo
dal rimorir dei vivi
va l’acre odor dei timi
le anime a saccheggiar.
Vaga tra i corpi stesi
il piede, inciampando:
sta il nocchier fischiando
all’inferno a riportar
tra pestilenti nubi
gli occhi vuoti e neri
com’ebbri forestieri
nel caldo a barcollar.
3. (uccido la Musa)
silenziosa luna
esattezza vaga e indefinita
ti ho persa
dalle lenti bifocali
nei locali rumorosi
ai marosi notturni
dei saturni dormienti
posso dire
“c’ero anche io”
al tuo funerale.
4. (Ti uccidi tu, e sto male)
vale
Una musica cinerea
trapassa la parete,
la scarna vita passata
s’infila tra i suoi lembi.
5. (Ho una condanna, ma anche una volontà)
Non voglio avere
come voce un’eco
non voglio vedere
sole forme di nebbia
non voglio essere
un fiore di serra.
6. (prosopopea della casa)
Ci sono cose
che non posso descrivere,
come il prurito che sento
quando l’ombra si mangia il mio colore
come il poter aprire gli occhi
solo quando l’uomo lo decide
come i piedi freddi e nudi
che mi ballano sul cuore
come il male la paura la rabbia e il punto di crollare
sul collo di chi
ogni
giorno
stanca
accetto
di proteggere
mentre c’è un vento che mi sgretola la pelle
e un caldo che mi frigge le interiora.
7. (Alla fine, l’anabasi)
Vedo oltre le sbarre del cielo
come fossi
dietro le sbarre della terra
il passante che cerca vite
da catturare e rivendere
per comprare la propria.