La Ghiandaia sul traliccio
14 novembre 2018
Mi perdo a perdita d'occhio
lungo i tralicci incolonnati sulla terra pungente,
seguendo l'alta tensione che illumina la Tremaine Road verso nord-ovest,
oltre il passaggio a livello, oltre le foreste rubine.
Nel nulla attorno che non assomiglia a nessuno dei nulla che ho incontrato nel nostro vagare e suonare e suonare e vagare.
È sabato, la radio passa "Friday I'm in love" e fuori si brucia di freddo.
Osservo gli amici di una vita dall'angolo dell'auto. Penso che abbiamo lasciato il nostro odore in ogni casa in affitto, il nostro nome nelle prenotazioni, una locandina affissa nei club, un adesivo nei cessi, peli pubici e capelli nelle docce e un po' di saliva e collutorio nei lavandini. E ogni volta che chiudo la porta di casa vengo pervaso da un senso di vuoto leggero e ingiustificato. Ché dopo di noi ci saranno altre persone, altri odori, altre feci. E altre ancora dopo di loro e così via in una girandola malinconica e naturale, naturalmente: della quale i ricordi sono fatti, della quale sono fatti i dopodiché.
Mi perdo a perdita d'occhio
lungo i tralicci incolonnati sulla terra pungente.
Che a conti fatti non sono tanto diversi da quattro signori che suonano la musica. Reciprocamente indispensabili e legati da un filo pesante.
Fieri.
Arrugginiti.
E traboccanti di elettricità.
Buona.
La coerenza
31 agosto 2018
A conti fatti penso che la coerenza sia prendere per la collottola il proprio desiderio e portarlo sul piano della propria volontà. Che non è lontano dal dire che morirei per un'idea, la mia idea. Se le due cose non collimano siamo fuori strada.
E niente. Ci pensavo stamattina in auto coi ragazzi, seduti e in chiacchiere allegre fra loro. Tutti con lo sguardo rivolto in avanti. Come chiunque salga su un'automobile e intraprenda un viaggio: che sia per andare a suonare, o per fare il giro del mondo, o per infilzarsi d'amore lungo una strada appartata.
Chi sale in macchina conosce sempre il motivo del viaggio. Come a dire: è là che andiamo tutti. Ed è là che tutti andremo. Coerentemente.
Ieri sera è stata una delle ultime date del tour di "Miranda!", il nostro terzo disco. E per quanto vorremmo che ce ne fossero altre mille, è il momento di mettere un punto su questo paragrafo e iniziarne un altro.
Penso che la coerenza sia prendere un sogno di bambino e fare in modo che resti immutabile, senza farlo invecchiare o usurare. Non possiamo sapere come saremo fra qualche anno, men che meno quali sembianze daremo alle nostre urgenze, alle nostre canzoni.
Sappiamo solo che saliremo di nuovo su quest'auto, qualunque cosa voglia dire.
E niente.
Ci pensavo stamattina mentre i ragazzi ridevano fra loro.
Buona.
La cicatrice a sonagli
10 luglio 2018
Se la osservi da questo punto di vista la fedeltà si misura in concerti fatti assieme.
In canzoni cantate all’unisono, in calli sul palmo della mano, in traspirazione e in comunità di intenti. Eccoli là, quelli sono i regaz nella loro buffa parafrasi di plastica, ognuno col suo vestito preferito, ognuno ammaccato e funzionale, tutti praticamente identici e tutti sostanzialmente dissimili.
Di nero veste Alberto imperscrutabile e distinto.
Di rosso Giovanni schietto e temerario.
Blu per Andrea quieto e sagace.
E giallo per Giacomo chiassoso.
La fedeltà si misura in concerti fatti assieme. Perché ognuno ha il suo compagno di viaggio prediletto del quale non può fare a meno: la stessa felpa da trent'anni, la t-shirt sdrucita, un amico con le stesse solide consuetudini, un orologio, o la stessa marca di spazzolini e filo cerato. Ognuno ha il suo e questi sono i nostri. Che per peso e corporatura i viaggi e i concerti li fan tutti.
Fedeli e contusi.
Ché nello stesso punto di questi quattro strumenti troverai le stesse quattro cicatrici, un crepaccio di plastica fratturata e sonagli mancanti.
A voler indicare il punto esatto
dove abbiamo iniziato a giocare assieme
e promesso
sì, lo voglio.
Buona.
Foto di gruppo
2 luglio 2018
Nelle foto di gruppo convergono almeno un miliardo di trame. Democraticamente appiattite dalla carta fotografica, per sempre tridimensionali nella testa dei soggetti.
Vedi, di questa faccenda ci piace l'idea di aver lasciato un chicco da qualche parte e in qualche momento, una stretta di mano marmorea per cementare nomi e fisionomie, una battuta da ricordare ad anni di distanza, un vinile con la copertina solcata da nomi e dediche d'inchiostro. Ma anche una scaletta abbandonata sul palcoscenico, o un plettro che diventerà l'accordo di qualcun altro.
In fondo tutti i semi hanno bisogno di tempo
per diventare fronda e corteccia.
Alla maniera delle lettere che saranno libro, o delle semicrome che saranno melodia, o delle strette di mano che bene che vada saranno capriole sotto le lenzuola.
Di questa lunga faccenda
ci piace l'idea di lasciarti un chicco nostro.
Un seme a te e uno a te.
E chissà
se passando a salutarti ancora una volta
non troveremo un giardino.
Buona.
La cabala
25 giugno 2018
Nel tragitto verso i sogni beviamo sempre l'ultimo caffè della giornata. Lontano dall'ultimo pasto, vicino al primo languore del mattino. Un'insana abitudine notturna senza ragione, che ingiallisce i denti e la lingua sulla via di casa.
Nel conforto del primo contatto umano da ore la barista ci confida che la macchina alle sue spalle ha recentemente emesso il suo milionesimo caffè. Senza sapere che almeno quattro centinaia di quelli li abbiamo ingollati noi, di ritorno dai concerti e di ritorno dalle registrazioni. La nostra tradizione insensata, il cincin prima dell'oblio.
Rimiriamo quella macchina del caffè con perturbata curiosità, ché non vivremo a lungo per fare un milione di cose, o così tante da essere ricordati da chicchessia.
Nel tragitto verso i sogni beviamo sempre l'ultimo caffè della giornata, lontani dall'ultima dormita e lontani anche dalla prossima. Ché resteremo svegli un po' più degli altri, a rimirare la notte e il suo concerto di sirene, automobili di passaggio, ubriachi che cianciano, respiri pesanti.
E cani al guinzaglio col padrone imbronciato,
che fuma e guarda il neon spento del bar alla sfuggita.
Senza sapere che in fondo
nel concerto della notte
ognuno è la macchina del caffè di qualcun altro.
Buona.