Si stava meglio quando si stava polenta
È mezzanotte e siamo appena tornati a casa da una modesta cena da amici, e ho fame. Lungo la strada del ritorno, ho fatto un loading di misera pizza dai turchi in stazione. Ma ho comunque ancora fame.
Scaldo un po' della polenta di ieri, ci spargo sopra un ovetto, olio, yogurt, limone, prezzemolo, faccio tutto un pacciame melmoso e me lo scucchiaio in bocca e non ho più fame. Viva il parroco.
Sono felice, ho mangiato della roba gialla, sto sazio e ben nutrito.
Vado a letto e ci riguardiamo Rick & Morty - che figata.
Sono le due di notte, ho di nuovo fame.
Lagggente non ha più fame, sai.
Lagggente non sta più meglio e non se ne rende più conto: non a caso nessuno dice più che si stava meglio quando si stava peggio.
Si stava molto meglio quando la gente diceva che si stava meglio quando si stava peggio. Quando si aveva fame. Ora la gente ha paura di risultare banale, vacua, non laureata in Hegel, depressa e da mandare in Xanax, e allora non si azzarda più a dire che si stava meglio quando si stava peggio, col risultato che ora si sta davvero peggio e si dá il via al populismo di carta e agli oceani di plastica e alle elezioni europee dove la gente vota molto peggio rispetto a quando si stava meglio quando si stava peggio.
Si stava davvero meglio quando la gente poteva esprimere l'amarcord per la miglioria del vivere peggio, il peggio dell'avere poco o niente rispetto agli agi della sicurezza psico-materiale, il peggio dell'avere fame e poter mangiare solo polenta, il peggio di non sapere niente se non la biologia della terra e la direzione dei venti, di soffrire i dolori del corpo; è quel peggio che scaturiva l'ineffabile spinta vitale, per poi spingerla in sù in sù in sù, alla ricerca di una ritrovata e compiuta felicità. È quel travaglio che costituisce il ponte tra sofferenza e liberazione, tra peggio e meglio, tra scuro e luce; è quella spinta che è pulsione propria dell'uomo che vuole vivere e sopravvivere e procreare - è la Verità che già cercava Platone nel suo viaggio a Castiglione Di Sicilia, e la stessa verità che non avrebbe mai trovato il gatto di Schrödinger.
Bergamo 1969, Ragusa 1873, Locri 1932, Monferrato Quartense 1956: sono molteplici gli esempi italiani concreti che attestano come si fece benissimo quando si stava peggio.
Si è sempre stati meglio quando si stava peggio, e si stava comunque benino quando si aveva la libertà di dirlo senza paura. Ora proprio guarda, non ne parliamo.
Ora la gente non lo dice più: non lo dice negli small talk e non lo si dice tra madri e figli, non lo dice al datore di lavoro e non lo dice nemmeno al passante con la palliuzza nell'occhi. Nemmeno Alessia Marcuzzi lo dice più. Tutti nascosti, rifugiati dietro il dramma della retorica. Tutti a rimpiazzare una delle frasi più vere di sempre con i libri pedissequi di Galimberti e le massime di Osho tradotte sbagliate.
Intanto le mezze stagioni continuano a scomparire, e ogni alba zampini di gatto vengono rinvenuti sul bagnasciuga.
Poi uno dice che un branco di un solo lupo può perdere il vizio di essere lupo; poi uno dice che a mangiare solo polenta, viene la pellagra. Sarà, sarà quel che sarà, un amore romantico, tutto quel che vuoi: io però comunque oh c'ho ancora fame.
"E se facessi al volo del puré?"
"Alle tre di notte?!"
"Perché no?"
We can do anything.