Devo farmi una tisana. Sfoglio le bustine nella scatola di legno senza riuscire a scegliere, alla fine lascio la vittoria alla grafica più invitante. In primo piano capeggia la scritta benessere in un carattere minimal, contornata da qualche fogliolina stilizzata. Mi sono sempre chiesta dove nasca la necessità di dare titoli grandiosi a delle buste di cartastoffa contenenti un po' di erba. Chi li sceglie? Vorrei essere così ingenua da credere nel marketing. Se dovessi masticare tutti i giorni foglie di tarassaco per sei mesi forse, alla fine, potrei avere qualche beneficio, ma dubito che un microgrammo di melissa possa garantirmi del benessere in questo momento.
Le sorsate bollenti attraversano l'esofago e arrivano allo stomaco. Esiste ancora.
Per esempio tu, cosa fai nella vita?
– Disturbo.
Vorrei andare indietro nel tempo
fino a quando qui non c'era caos
fino a quando non esistevamo ancora
per essere come quella scultura antica
così ferma e sicura di sé
– Ok, però poi ordiniamo che ho fame
'ché la speranza è una cosa pericolosa sai
va maneggiata con intelligenza
di peggio poi
c'è la narrazione tossica del “se vuoi, puoi”
infarcita di immaginari romantici
che ci fottono con le aspettative
– per fortuna io non capisco un cazzo e faccio tutto a caso
e non c'è cosa al mondo che mi faccia sentire
più inadeguata dei nuovi progetti
soprattutto se richiedono responsabilità
soprattutto se le aspettative sono alte
soprattutto se c'è poco tempo
forse l'unica reazione possibile
al mio senso di manchevolezza perenne
è senza dubbio un grandissimo
– mangiamo?
ma se il mondo si aspetta che io corra sempre
allora aspetterà perché
ci vuole tempo
persino per far seccare i fiori
e per ogni peso nuovo
bisogna cercare la leggerezza
che tenga in equilibrio tutto
– ti va un po' del mio dolce?