Sweet Deutschland da settembre
Unghie maciullate, brombi di motociclette dalla strada di fronte alla sua cucina.
Guardatelo là, l’uomo nel suo momento: bruno e serio, con le ali sopra l’umanità assonnacchiata, immerso su sedia, parole pronte a rimpicciolire e ritradurre pensieri complessi e carichi di passato, e sperderli in un tepore domestico blu Nivea.
Sono i tempi del ristoro tipico di un domenichino serale; doccino veloce, precena e interfame, mezza serie A già giocata (alcune pagelle già uscite ((Ronaldo voto:6)).
[Carrellata medio campo in ingresso da sinistra/slow-motion, toni giallicci, un lentissimo di Brian Eno, primo piano sul coltello che taglia la mela/slow-motion, ritorno alla carrellata medio campo, bum!]
Buongiorno, disse.
Ma buonanotte!, si rispose.
Benvenuti nel magico mondo, cantarono insieme.
E giù sfiatate, sollazzi, ruttini, fischi, vaffanculi, dai che poi faccio un risotto, faccio una crema, prendo la chitarra e canto Theokann in cubano, si crea ‘na situa. Accendiamo le cose, un willkommen in amicizia, chessarammai.
t i c t a c t i c t a c t i c
p l i n p l i n p l i n
ffffff ffffff ffffff
Ora faccio qualcosa, intanto che il tavolo deborda di eco-caos.
Cosa faccio?
Mi madre me manna ‘na mail, che nun so berché inizia co ‘na scitazione en romanesco da un film de Carlo Verdone - sotto sce mette pure l’immaggine der film. Poi parte, me scrive, disce mó too digo, disce che mi zio ja menato a mi zia, che mi zia ja tradito a mi zio, da du anni sc’aveva una relazione sc’aveva.
Ora mi zio chiede der divorzio e sta de matto, ma mi zia nun vuole lascia’ a mi zio. Mi zia sc’ha l’occhio nero berché mi zio ja menato. L’amante di mi zia nun se sa bene chi è. Zia ha cancellato tutti i messaggi dall’i-phone.
Mamma conclude la mail dicendo che la vita è piena di diffic___ e che mi manda su un pacco coi capperi sottosale.
Faccio qualcosa?
Dai, rispondo a mamma.
"Essí, questa vita ah, quanti problemi, quante questioni, quante guerre.
A volte va così, banalmente. Poi tutto passa, dai. Non è successo nulla di grave, in fondo. Zia è un po’ bugiarda e bambina, e vabhé, si sapeva. Sta vicino a zio, che deve intanto sbollentarsi, e pure a zia, che deve aprirsi. Famigghia, dai.
Ciao ciccia, va bene i capperi ma non troppi eh."
Tante cose succedono sempre, a volte: è la costanza del saltuario.
È che ancora non mi son fatto l’abitudine.
A volte il problema è che desidero una cosa, ma non la voglio davvero.
A volte non ho ben presente dove sono e di cosa me ne fotte realmente.
A volte sogno troppo, ma non produco molto. A volte c’ho na gran voglia di fare, ma non so che fare di preciso. A volte c’avrei anche voglia di essere totalmente libero e autonomo, ma non è che poi sia per forza d’accordo con quell’idea mia di totale libertà e autonomia. Sono questioni ballerine, iper-fluide, io che ne so, tu cosa dici, oh dove vai, cazzo vuoi, scusami non volevo alzare i toni, perdonami, gelatino al pistacchio + passeggiata + faccetta triste?
Io che ne so di cos’è questo luogo dove vivo. Che ne so di come vive la gente. Io non vivo a casa della gente. Io vivo da me. Altro non so.
Questa casa è una bio-serra di essere, puzza di resti di cavolfiore e di schizzogenia della morale. Ieri abbiam fatto le pulizie, ho spazzato e squartato via senza pietà tutti i ragni dalla casa e mi sono sentito una mista tra un pedo serial-killer russo e Lionel Messi. Spietato, ma cucciolo.
Qua tutto il condominio conosce a memoria i pezzi dei Coma_Cose e ne privilegia dell’ascolto ogni giorno: devono ringraziare solo me, tuttavia ancora nessuno lo ha fatto. Qua i vicini io non c’ho nessuna relazione con i vicini, chi si è visto si è visto e pace all’anima sua, how are you, fine thanks, goodbye, cheers, fuck you.
Qua sono l’unico che parla e comunica coi sette corvi imperiali fissi in giardino a bucare la terra. Qua STIP CA TROUV.
Qua si fa l’amore come si deve, a karmasutra, a yogurt, a long time long love, a don Juan y Carmelita.
Amo la mia serra senza grosse vetrate, uno direbbe senza infissi, il mio giaciglio per le letture e il mio guariglio per i raffreddori, dove di notte fa freddino, dove tutto è verde e marroncino e odora gentile di brassicacea e di peperoni, "che puzza!", quale puzza, i tuoi piedi puzzano, guarda che unghie nere che hai, ...i peperoni: ttzz!!
Qua dentro non ci sono rilievi terrestri, tutto è piano, pavimentato, sono assenti i simboli religiosi - non c’è un’altura, quindi nemmeno il classico luogo sacro che ti becchi quando sali & sali e arrivi sulla cima di una altura.
Niente rosario, nella mia serra. No lavoro nero, no perditempo, no musica da piano-bar, no federicapellegrini, no fascismi, no bionde con il fascismo dentro.
Intanto fuori da queste piccole finestre sprona il super vento prima di una tempesta: gli uccelli serali velocizzano il volo verso gli alberi che fanno stretching fluido come fantasmini miyazaki che cavalcano la terra, l’erba sfasciata danza impressionista (non ho su gli occhiali), il cielo bestemmia, scatarra, dice sicuramente qualcosa che però non capisco (ci sento poco dal sinistro), poi zam!, ‘na bomba di luce improvvisa, poi giù di pioggia. Estate: auf Wiedersehen, lo dicono le fonti ufficiali e lo sento io. Si ricambia.
Qua dentro in serra bio-thinking invece è tutto fermo, sicuro, perdurante.
Qua dentro in serra mi preparo da mó le introduzioni delle mie apologie.
Qua dentro la stanza più grande è una sala d’attesa: accomodati.
Puoi scrivere, così non verrai mai interrotto.
Puoi aspettare qualcuno; tanto poi arriva, ti dà un bacio, ti dice ey scemo (sorriso).
Qua si può avere nostalgia del posto in cui stai ancora stando, why not, who the fuck are you to tell me about dove e quando provare nostalgia.
El tempo se va pasando e la estrada un giorno deve finir: allora io intanto sai cosa faccio, faccio un cremino, faccio. Snip, snap, snorum.