Svolgimento: vivere in Italia è complicato e nonostante la mia incredibile capacità di sintesi credo che non sia possibile riassumere il concetto con poche parole.
L’Italia è una penisola a forma di stivale che si allunga in senso nord-sud e sdraiata, non in verticale come la maggioranza pensa, ma di traverso cosicché la punta del tacco risulta essere in linea o addirittura più ad est della punta est della parte alta. È una nazione che conta migliaia di paesaggi ed ecosistemi diversi, puoi trovare i ghiacciai (ancora per poco), le montagne con costoni di roccia brulli e aspri o rigogliosi e verdi (dove non sono accidentalmente andati a fuoco), le dolci colline più o meno terrazzate per le coltivazioni, la pianura con i suoi riquadri campestri dai colori mixati come una coperta patchwork, le lagune salmastre, i laghi malinconici e le spiagge che virano dal bianco al nero passando tra il rosa e l’oro. Ci sono le grandi città caotiche e sempre accese e i piccoli borghi quasi disabitati edificati in posti belli come non ne esistono ma lontani da tutto. È la nazione dei mille campanili, non solo perché ogni paesino ha la sua chiesa ma perché ogni paesino è ostinatamente orgoglioso dei suoi confini, anche all’interno dello stesso comune. È la patria delle mille e una sagre, ce n’è una dedicata a qualsiasi tema alimentare o storico che sia. È la patria della grande storia, dell’arte universalmente riconosciuta, del vivere bene e del buon mangiare. La culla del bel canto, l’opera lirica, i grandi poeti, gli scrittori da nobel, la sartoria artigianale, la moda e lo stile indiscutibilmente riconosciuto. La nazione che ha visto momenti di splendente fulgore e terribili momenti di buio. L’Italia nel suo insieme e come uno studente che “non si impegna ma potrebbe”, che tira a campare perché tanto il 6 è più che sufficiente ma quando si impegna davvero riesce in cose straordinarie, che ti fanno sentire enormemente orgoglioso e al contempo incredibilmente furioso per l’incostanza. È la nazione in cui non ci sono mai soldi per nulla e nonostante tutto riescono comunque a crescere delle eccellenze straordinarie che fanno pensare a cosa potrebbero realizzare in condizioni favorevoli. La nazione che ha solo 60 milioni scarsi di abitanti ma, non si capisce com’è, in qualsiasi altro posto del mondo tu vada ne trovi sempre almeno un paio. È lamentarsi ma senza avere un’idea di cosa fare per cambiare, è “ma le cose sono sempre state così, perché cambiare?”, è pigrizia, indolenza, disillusione, cinismo, malfidenza ma al contempo laboriosità, creatività, resistenza, fiducia e speranza. È vivere costantemente senza alcun tipo di autostima, dandosi delle sonore zappate sui piedi, mettendo sempre in mostra il peggio piuttosto che puntare sul meglio. È un po’ essere Tafazzi.
È un accostamento assurdo di diversità che più guardi nel dettaglio e meno riesci a capire, ma se ti allontani gradualmente riesci a vedere qualcosa di splendido, come guardare un quadro da troppo vicino e poi indietreggiare fino a vedere il tema nel suo insieme. E guardare questo insieme è molto bello, perché nel piccolo si trova sempre una matassa aggrovigliata di problemi, puntigli, piccole vendette, menefreghismo legata a intoppi vari che si dissolvo istantaneamente nel momento in cui disgraziatamente succede qualcosa di brutto. Lì bisogna ammetterlo, guardare il quadro d’insieme diventa una cosa commovente, le persone diventano in un attimo solidali,non si risparmiano energie, soldi o risorse, la disponibilità diventa assoluta e totale, non esistono più campanili ne confini. Questo è quello io voglio credere che sia l’essere italiani.