Tracce
Agglomerato di carne e di ossa. Un insieme di biomassa destinata a ritornare alla terra e nutrirla nuovamente. Quante volte abbiamo sentito che tutto è utile e ritorna alla terra? Cenere eravamo e cenere ritorneremo, per rendere più fertile il domani.
Le gambe raccolte e la testa pesante. Troppi calmanti e poco cibo. È un nutrimento che non serve se l’immobilità pervade il corpo. Io mi salvo da sola. I brutti pensieri valgono tanto quanto quelli belli perché per me la vita è come una spiaggia infinita dove cammino misurando i miei passi fino alla consumazione totale della mente e del corpo, fino a svanire tra la sabbia. Il mare è immenso e le onde altissime; cammino, il mio corpo sfregiato dal vento. Non capisco la consistenza del terreno, fino a che non mi accorgo dell’acqua azzurra che mi lambisce i piedi, alla mia sinistra un immenso ghiacciaio bianco abbacinante. Un enorme spazio libero.
La mia isola.
Non so più cosa è il tempo. Si è perso, probabilmente non è mai esistito. La mia testa pesa fino a comprimere lo stomaco, restringerlo e appiattirlo.
Ci sono periodi lunghi. La sera sotto gli alberi di frassino, il profumo di incenso le stelle che seguono il lento movimento della terra; e tu, con il naso all’insù insegui le nuvole tinte di rosso dal tramonto appena calato, le tue mani intrecciate alle mie.
Ci sono periodi brevi. Tu ed io abbracciati stretti, due mani che si lasciano per non incontrarsi mai più.
Ogni singolo istante della vita, lo percepisco con gratitudine. Il saggio impara dal passato mentre lo stolto nega gli accadimenti. Per quanto una vita può essere sofferta e può far soffrire le mille vite intrecciate ad essa, prima o poi un fiore sboccerà, un’altra primavera appoggerà la sua guancia alla mia nel torpore del sonno.
Quando l’angoscia mi sale al petto, si insinua nella gola e non cessa di gridare fino a quando fuori non c’è silenzio, non esiste più movimento. Ho imparato che possono mancarmi le parole anche quando converso con le persone che reputo amiche e fascinosamente interessanti; mi perdo nei loro pensieri e nella loro gestualità, credendo per qualche secondo che siano anche miei, che io posso essere anche loro, cambiare forma, alimentare la loro vita. Certe volte capita che il fascino nasconda un amo affilato e che la gola sanguini. In un afflato di inganno si apre una ferita che viene ricucita con un filo di rabbia e delle pinze di impotenza.
L’energia non basta, allora serve una montagna, una montagna altissima e personale. Serve schiudere le mie ossa al sole e al vento, nei prati verdi tra crochi, genziane e anemoni viola. Lì, osservo litigare, giocare e rincorrersi tra di loro i miei pensieri e le mie angosce. Ogni tanto si attaccano alle caviglie, o quando meno me lo aspetto mi prendono silenziosamente alle spalle e mi scuotono. I suoni cessano, il vento si ferma. Il mio corpo cede e diventa concime, si fonde con la terra e si addormenta sperando che i sogni siano più reali della realtà.
In un mondo di incomunicabilità la solitudine è essenziale per ogni essere vivente. Ci sono tempi e luoghi dove l’uomo non può interferire con ciò che succede. Non esiste denaro, non esiste Dio.
Ciò che basta è sapere che tutto quello di cui abbiamo bisogno lo abbiamo accanto a noi, la Natura contiene l’inimmaginabile speculativo di cui ho bisogno, senza dovere credere in entità onniscienti e onnipresenti.
Quando combatto con la mia testa, inevitabilmente anche il mio corpo combatte. Si fa più piccolo, si stringe, diventa invisibile. Vorrebbe fondersi con le lenzuola, con i campi, le viti, gli altri corpi. Il tuo, che è così confacente al mio. Il mio corpo piccolo si rannicchia, cerca un nascondiglio, prova a lasciare dietro di sé meno tracce possibili, sintomo che sta scappando. Il percorso quindi non è lineare, non è un binario; è uno slalom tra gli ostacoli del mondo per come l’ho costruito io.
Questa è attività speculativa. Non si passa per il mondo senza lasciare tracce.