Trinità
CAZZO
Visto che non bisogna starci troppo sopra
Lo dico senza tanti giri di parole
Dico, Cazzo
E quando dico Cazzo, lo faccio con ragione.
Ma ciò che voglio dire è
Cazzo inteso come organo di riproduzione maschile
O come intercalare per dare enfasi a un discorso
Oppure voglio sputarlo come mera esclamazione
Cazzo!
Ma di cosa parliamo quando parliamo di Cazzo?
Riprovevole escrescenza posta ai margini del busto
nascosta da una fitta peluria ricciuta
Appendice indifesa sistemata in posizione fiacca sopra un ispido prato brunito
Fragile pilastro esposto alle calamità di un uso dissoluto
Bacchetta rabdomante alla ricerca di un umido pertugio
dove riporre il proprio fluido colloso
Oggetto di forma fallica da impugnare e strattonare per distrarsi da un pensiero suicida
Ma se io continuo a parlare di Cazzo
Alla fine penso a quando con cura
Lo fai scivolare fuori da te
Dopo che ci siamo avvinghiati per meno di un minuto
E tu mi stringi a cucchiaio
Respirandomi sopra la schiena sudata.
Penso a quando la luce della casa di fronte
S’accende contro la nostra
Le tende non tirate appesantite dall’umidità
E non dobbiamo nemmeno chiudere gli occhi
Perché non c’è nessun altro all’infuori di noi.
DOPPIA ORA
doppia ora
mi strappo dalle dita la pelle coi denti
e la getto sui tumuli del cimitero di Dean
ma nulla cambia
sono le 17:18
ho lasciato che il piscio generasse piscio
evaporando al cielo e bagnandomi il volto
sporcandomi la bocca
sono le 17:19
di nero vestito
cinto dal buio
mi lascio ritrarre in pose impacciate
pensando a quanto ancora
sono rivolto verso di me
e mai verso qualcun altro
sono le 17:20
e quando muto
è perché sono solo
ma se Tu sei con me
torno saldo
e sopravvivo un altro minuto.
NEVE
Di cose, di ciò che è
ed è stato.
Di quel che sarà
e di quando.
Di come si è.
Delle conseguenze
imponderabili.
Del momento in cui ti ritroverai spogliato
E del tempo dell’appassire
in cui il detto verrà meno.
Vi è un intangibile senso di pace
nell’assistere al mutare della stagione presente.
Le ombre incontrovertibili
erte nella luce che si scontra contro la materialità degli oggetti
Presenti anche nel buio che infagotta il paesaggio
dopo avere saccheggiato del suo bagliore il sole recalcitrante.
Solo gli animali non si capacitano di questo mutare
disorientati vagano in circolo.
Non più in grado di migrare
stagnano nel prolungarsi di un giorno che non risparmia.
Cosa sei in grado di dire
Del traffico che si dirada e lascia spazio al vento che rantola dissennato
Delle persone attente a soddisfarsi nella più desolata delle ore
Degli appena venuti alla luce che urlano dilaniati dalle attenzioni ricevute
Dei nudi rami che si fan trespolo per un corvo disinibito
Del fiume ingrossato che non è niente più di un passatempo per l’airone.
Non sei in grado di dire altro
se non di cose
di ciò che è
ed è stato.
Poi viene il silenzio.
Cade la neve.
E si resta a guardare.