Il mio vicino L. se la passa piuttosto bene, ogni mattina si sveglia con il canto del gallo ed esce sul pergolato a dare l’acqua alle rose ed ai tulipani. Spesso ne avanza persino per le margherite, cresciute spontaneamente alle pendici della sua cassetta della posta (lucidissima, sempre- poche lettere ma il giornale dello sport ogni giovedì). Piove spesso sugli ultimi fiori, i non richiesti, acqua limpidissima e fresca. I colori sembrano ringraziare, l’Armonia fa sì che insetti indesiderati si tengano lontano dalla sua proprietà.
I gatti contribuiscono alla pulizia dell’ecosistema, ma non uccidono nessuno, piuttosto, condividono. Cibo ce ne è per tutti, di quello della miglior specie. La signora L. si premura di pulire anche il vialetto in comune con le altre villette, non lascia nemmeno un residuo di fanghiglia in cemento internazionale, costruisce spesso strani trabiccoli con i detriti, ricicla in maniera biologica dice, è divertente, sa?
Questo succede giù in fondo alla mia via, dove noi lavoriamo e ci spacchiamo la schiena per andare in vacanza ogni anno nello stesso posto, garantire una continuità alle nostre serate e ai nostri matrimoni. Non ci piacciono i fiori, o meglio ci piace guardare quelli degli altri, degli altri pensionati annoiati che hanno a perder tempo con i fiori. Oggettivamente stiamo molto meglio di quelli là, sebbene li spiamo spesso dalla finestra mentre fanno del giardinaggio prima di cena.
Noi diamo da lavorare ai figli di quelli là; i giovani hanno sempre fame di cambiamento, smaniano per una sedia grigia in un ufficio pieno di vetri, li rode il legno. Di questo io mi nutro, dell’odio per il passato di una generazione che non lo conosce, ma lo vuole istintivamente cambiare, io dono loro gli strumenti necessari per farlo. Non interessa a nessuno se sia o meno un’illusione finché splende, lasciate brillare la nostra buona stella. Fate suonare la musica vera, non le campane dei nonni.
Il più grande ostacolo è che questi nonni dalla loro hanno la terra e questa serve a noi ovviamente, possiamo renderla più produttiva, più gradevole, più grande addirittura. Possiamo stiracchiarla come vogliamo. E se non ce la dessero?
Me lo chiede ogni sera colei che da 15 anni mi accompagna lungo i miei sogni migliori.
L’idea fu semplice; se non fosse più somigliata all’angolo di paradiso in cui gli aristocratici si rinchiudevano per scrivere per caso i loro capolavori mentre cercavano di impressionare le giovani duchesse, non la avrebbero più voluta. Se fosse assomigliata a noi, ai nostri giardini senza né colori né dolci animali da compagnia, ma splendide sculture e lucidi pavimenti di granito artificiale, ce la avrebbero ceduta come di diritto.
È bastata una goccia di candeggina a fare piazza pulita di margherite, a far abbassare la corona a tutti. Abbiamo continuato per 6 giorni, al settimo il signor L. andò in Comune a lamentare la contaminazione delle sue acque, ma trovò chiuso.
Un mese dopo cedette alle nostre implicite pressioni; adesso L. e signora stanno sempre davanti alla tv a guardare i documentari di National Geographic mentre il loro ex ulivo e l’ex acero si scambiano le ultime raccomandazioni per l’Eden.
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